l'intervento

Lolli: "Quello che avremmo dovuto fare"

Prosegue il contributo della classe politica abruzzese dopo l'editoriale del direttore Primo Di Nicola sull'emergenza neve e terremoto in Abruzzo

“L’ora delle responsabilità. Perché il disastro non si ripeta”. Con questo editoriale il direttore del Centro Primo Di Nicola ha invitato la classe dirigente abruzzese ad una riflessione sui disservizi legati all’ondata di maltempo e sui fatti di Rigopiano. Ecco altri due interventi.

In questi giorni di drammatica emergenza ho assistito a un profluvio di parole da parte di politici di tutte le latitudini, che si sono improvvisati esperti di terremoti, nevicate e slavine. E hanno espresso dotti pareri e severe condanne. Io ho preferito tacere, lavorare a testa bassa e provare a fare fronte ai numerosissimi problemi che si sono determinati, a partire da quelli di mia diretta competenza: le attività economiche, comprese quelle turistiche e le drammatiche conseguenze sul lavoro di migliaia di imprese e operatori abruzzesi.

Problemi che hanno subìto da questi avvenimenti conseguenze devastanti che dureranno nel tempo. Se tuttavia mi posso permettere a questo punto di esprimere una mia considerazione, credo di poter dire che la questione centrale che è emersa non è tanto quella di come si e comportato il sistema di risposta all’emergenza in cui si sono espresse tanta generosità ma anche tanti limiti (il più vistoso dei quali è stato quello dell’approvvigionamento elettrico da parte dell’Enel).

Ma piuttosto è stato l’emergere di una gravissima carenza culturale e di azione istituzionale per la prevenzione. Vivere in un territorio fragile come l’Abruzzo avrebbe richiesto da parte di tutte le istituzioni un’attenzione molto diversa alle politiche di prevenzione. E in qualche modo siamo tutti chiamati a rispondere di questa carenza. Lo sono sicuramente io, al di là delle competenze specifiche del mio ruolo istituzionale, perché la mia storia personale di aquilano e terremotato mi doveva rendere più attento e consapevole. Purtroppo, e questa consapevolezza mi pesa come un macigno, continuiamo a fare sempre lo stesso errore: parliamo di prevenzione solo dopo una tragedia e poi archiviamo il tema.

Dopo i tragici fatti dell’ultimo periodo, però, la questione non può più essere archiviata perché la posta in gioco - e lo dico con una drammatica consapevolezza - è che una parte consistente delle popolazione abruzzese, soprattutto quella che vive nelle aree più esposte rischia stavolta di mollare, potrebbe decidere di andarsene. Non c’è dubbio che in questo quadro il tema più simbolico, e comunque centrale del sentimento di legittima paura che vive la popolazione abruzzese, riguarda la sicurezza delle scuole giacché, forse, tutto può essere accettato tranne il fatto che i propri figli passino parte delle proprie giornate in ambienti non tutelati e sicuri. Il grido di dolore, la protesta fortissima e le critiche pesanti che si levano dagli studenti e dai genitori abruzzesi non permettono a nessuno di noi che stiamo nelle istituzioni, sottovalutazioni, o peggio, scarichi di responsabilità.

Comunque non lo permettono a me, che avverto in queste critiche non solo un giudizio severo per quello che avremmo dovuto fare e che non abbiamo fatto, ma anche e soprattutto una sfida concreta e dimostrabile per quello che possiamo fare da adesso in poi. Certo il problema della sicurezza delle scuole è un problema nazionale, e la principale difficoltà sta nel fatto che le politiche statali da sempre, e anche in questi ultimi anni in cui la sensibilità civile è cresciuta, hanno ipocritamente scaricato sui Comuni e sulle Province le responsabilità della sicurezza degli edifici senza fornire loro gli strumenti normativi e finanziari necessari, anzi, continuando a tagliare loro le risorse.

A partire dall’ordinanza di Bertolaso del 2003, che prevedeva di rendere obbligatoria la valutazione dell’indice di vulnerabilità degli edifici, senza però prevedere alcuno strumento, e paradossalmente alcun obbligo di intervenire. Quello che abbiamo deciso di fare noi, ora, e che è contenuto nella delibera di Giunta regionale voluta dal presidente D’Alfonso, è di finanziare direttamente come Regione - anche andando oltre le nostre dirette responsabilità e i nostri vincoli finanziari - un piano straordinario finalizzato prima di tutto a una verifica dettagliata, e non solo statistica e formale, dello stato delle nostre scuole, facendoci aiutare dalle migliori competenze esistenti in Italia, e poi contribuire con le nostre risorse, ma chiamando in causa anche le risorse nazionali, a finanziare su quello studio un piano di sicurezza delle scuole abruzzesi. Non so se sarà sufficiente per provare a rispondere alle legittime preoccupazioni, alle esigenze e ai diritti dei nostri cittadini. Certamente è il minimo che possiamo e dobbiamo fare.

* vice presidente giunta regionale