Marucci: «Da giugno più di 500 interventi sui monti d’Abruzzo»

I consigli del capostazione del Soccorso Alpino dell’Aquila: «La scarsa preparazione fisica incide. E attenzione al clima»
L'AQUILA. La montagna che affascina e ammalia, con i suoi paesaggi mozzafiato. Le cime del Gran Sasso, della Maiella e del Sirente- Velino, quasi a sfiorare il cielo, incantano e attraggono, ma possono anche tradire. Laddove a mancare sono preparazione fisica e un approccio adeguato. Non solo per scalare le vette più alte, ma anche per una semplice escursione a bassa quota con famiglia al seguito. Quattro interventi solo nell’ultimo fine settimana, in Abruzzo, oltre 500 da giugno a settembre. Un’attività ininterrotta portata avanti da 180 soccorritori alpini, di cui 20 tecnici di elisoccorso che si alternano nelle due basi operative del 118, all'Aquila e a Pescara. Alessandro Marucci, capo stazione dell’Aquila del Soccorso alpino e speleologico d'Abruzzo spiega rischi ed opportunità delle montagne abruzzesi, «sempre più attrattive, ma da godere con preparazione e accortezza. Solo così si porta a valle un bagaglio di sensazioni ineguagliabili». Una stagione di soccorsi interminabile e fuori dal comune.
Marucci, è cambiato qualcosa rispetto agli altri anni?
«A conti fatti, abbiamo superato i 500 interventi in tre mesi, ma siamo ancora nel pieno dell’attività. La stagione non è finita a settembre: solo tra sabato e domenica abbiamo recuperato, con l’ausilio dell'Aeronautica militare, quattro ragazzi rimasti bloccati sulla Maiella. C’è stato un intervento a Scoppito, uno nella Marsica e sabato a Campo Imperatore: una famiglia era salita in quota tardi, intorno alle 16, e il marito aveva perso l’orientamento sulla piana».
Eppure gli appelli alla sicurezza non mancano...
«È stata un'estate impegnativa tra Squadre di soccorso a terra e interventi in quota del Soccorso alpino. Mentre parliamo stiamo facendo addestramento, non ci si ferma mai».
Però gli incidenti aumentano o sbaglio?
«Abbiamo avuto centinaia di interventi, è vero. Forse perché la montagna è stata tra le mete più gettonate dai turisti quest’anno, con una frequenza assidua e continuativa che, sui numeri totali, può influire. Quando parlo di interventi intendo un po’ tutto: dalla banale caduta alla distorsione ad un ginocchio su un sentiero fino i recuperi sulla parte rocciosa».
Ne avete effettuati molti?
«A Pizzo Cefalone, in estate, abbiamo dovuto recuperare sette ragazzi sprovvisti di abbigliamento da montagna che si erano avventurati in quota».
Quali sono le principali richieste di intervento?
«In genere per scarsa preparazione fisica, per abbigliamento inadeguato e piccoli traumi. Consideri che, spesso, è un combinato disposto».
In che senso?
«La scarsa preparazione fisica determina gli incidenti, poi subentrano altre condizioni come quelle climatiche. Anche in piena estate ci può essere il problema dell’ipotermia, perché sul Gran Sasso, sulla Majella e sul Sirente-Velino, il tempo cambia velocemente, molto più che sull’arco alpino. Siamo un corridoio incastrato tra due mari e molti escursionisti sottovalutano l’aspetto climatico. Basta un nulla e le condizioni meteo peggiorano rapidamente».
In questo caso è una corsa contro il tempo?
«Esattamente. La montagna è bellissima, ma insidiosa. Ci sono rischi oggettivi che non possiamo controllare né azzerare. Occorre una buona preparazione fisica anche per fare una passeggiata ad alta quota perché dobbiamo poterci muovere velocemente. Più si resta in un posto potenzialmente pericoloso, più il pericolo aumenta».
Accennava anche a un fattore psicologico. Ci spiega?
«Può subentrare l’aspetto psicologico, quando ci si ritrova in difficoltà a quelle altezze. Il classico attacco di panico che peggiora la situazione e immobilizza».
Chi si reca in montagna quali precauzioni deve prendere?
«Sapere con esattezza dove si va, avere un abbigliamento adeguato, indosso e nello zaino, con strati di protezione e scarpe adatte. Portare acqua e cibo: in commercio abbiamo una vasta gamma di prodotti energetici».
E se si hanno bambini al seguito?
«Si può andare in montagna, ma scegliendo percorsi adeguati e con servizi. Le attività devono essere commisurate alla capacità fisica dei bimbi e alla loro tenuta psicologica».
Per chi, invece, vuole salire in alta quota, ma ha poca esperienza?
«È bene affidarsi alle guide alpine e al Cai, veri professionisti con la capacità di individuare il rischio e capire se è il momento di rinunciare».
Altrimenti, poi, tocca a voi intervenire...
«Sfatiamo un mito. I soccorritori non sono eroi, ma professionisti dalla grande esperienza. A volte, anche noi dobbiamo attendere o rinunciare, quando non ci sono le condizioni. La vita è sacra per tutti, anche per i soccorritori e le loro famiglie».