Movida pescarese

ABRUZZO / CORONAVIRUS

Nuovo Dpcm, i sindaci: stop scaricabarile. Marsilio: non sono soddisfatto

Le regole sugli orari dei locali sollevano dubbi e malumori. Masci (Pescara): "Allora mandateci l'esercito". D'Alberto (Anci): "Pasticcio, la norma va modificata". Biondi (L'Aquila): "Non condivido la linea del governo"

PESCARA. «Mi auguro che si ragioni con la testa e che non si prendano provvedimenti improvvisati, perché già di problemi ce ne sono tanti e noi ce li prendiamo tutti sopra le nostre spalle, ma allora che il governo ci dicesse casomai di voler mandare l'esercito a controllare le strade, perché sarebbe impossibile controllare l'afflusso di centinaia e migliaia di persone in determinate aree. O si decide che non si possono fare determinate attività in alcune aree, ma deve essere il governo a dirlo, perché altrimenti decidere chi può entrare e chi non può entrare diventerebbe complicato». Così il sindaco di Pescara, Carlo Masci, in merito al nuovo Dpcm che non piace a molti primi cittadini che si sentono ulteriormente responsabilizzati nei controlli di quelle zone dove potrebbero crearsi assembramenti tali da dover portare a chiudere i locali alle 21, anziché le 24.

Carlo Masci, sindaco di Pescara

Il sindaco di Pescara, la maggiore città abruzzese, poi aggiunge: «Il governo cerca di scaricare sui sindaci le e incertezze e le contraddizioni di decisioni che dovrebbero essere prese con buon senso, invece mi sembra che ci sia una totale incapacità a decidere e soprattutto una non conoscenza dei problemi. Che sono tantissimi. Ma cosa dovrebbero fare i sindaci? Vietare delle aree e creare uno scontro fra coloro che esercitano una attività e chi dovrebbero tornare a casa? Mi sembra che questi provvedimenti siano confusi e generano ancora più confusione di quelle situazioni che pensano di poter risolvere. Cosa faremo? Ragioneremo invece con il buon senso, come abbiamo sempre fatto, e mi auguro che il governo torni sui suoi passi come ha già fatto tante altre volte».

Movida Pescara, due zone a rischio. Sono due, a Pescara, le zone della movida che rischiano il coprifuoco con il nuovo Dpcm Conte: quella di piazza Muzii e quella di Pescara Vecchia. La prima, nel pieno centro del capoluogo, è considerata il più importante distretto food and beverage d'Abruzzo, oltre che uno dei più noti del centro Sud Italia. Inevitabili, considerata la concentrazione di tanti locali, gli assembramenti, soprattutto nei fine settimana.

In città, la questione movida fa discutere da mesi. Ai locali era stata imposta, con ordinanza del sindaco, Carlo Masci, la chiusura a mezzanotte, ancor prima del Dpcm del 13 ottobre. Nel corso dell'estate, infatti, si sono susseguiti i provvedimenti  finalizzati a disciplinare gli orari di apertura e chiusura delle attività. Se nell'area del centro la chiusura alle 2 è stata consentita solo dall'8 al 23 agosto, le ordinanze stabilivano addirittura orari diversi in base alle zone e alle strade, concedendo mezz'ora in più in altre aree. All'origine dei provvedimenti non solo l'emergenza sanitaria, ma anche l'annosa questione residenti, che da tempo si lamentano dei rumori.

Tali misure e orari _«troppo rigidi» _ hanno mandato su tutte le furie esercenti e associazioni di categoria, che hanno più volte parlato di economie di serie A e di serie B e di un «comparto condannato a morte», criticando, ordinanza dopo ordinanza, le scelte del sindaco. Il primo cittadino, però, oggi, dopo l'ultimo Dpcm, definisce «troppo comodo e troppo facile» trasformare i sindaci «in parafulmine delle proteste, del malcontento e del disagio sociale».

«I sindaci», afferma Masci, «non possono essere i terminali delle inefficienze, delle indecisioni e delle contraddizioni dell'azione di governo che li grava di responsabilità che competono invece all'esecutivo. I sindaci devono attenersi alla legge in tutte le sue forme, compresi quindi i Dpcm, le cui lacunosità e la cui nebulosità nell'indeterminatezza non possono essere colmate per iniziativa autonoma. Aperture e chiusure dei locali e dei luoghi di ritrovo vanno stabilite con chiarezza e senza zone d'ombra». Masci dice che «dal governo ci attendevamo che in fase decisionale avesse maturato l'esperienza per un indirizzo chiaro, che invece non c'è. Pare di vedere, invece», chiosa Masci, «un facile scaricabarile».

Gianguido D'Alberto, sindaco di Teramo, presidente Anci Abruzzo

Anci Abruzzo: tentativo di scaricare responsabilità. «Penso che il nuovo Dpcm, nelle forme con cui è stato fatto e nei limiti con cui è stato fatto, è un tentativo di scaricare sui sindaci la responsabilità, l'onere, di adottare o meno un coprifuoco dopo le 21 in alcune aree, zone, piazze. Io sono convinto e siamo convinti che ci siano misure il più possibile uniformi su tutto il territorio e questa operazione riferita al cosiddetto coprifuoco è solo un tentativo di scaricare sopra ai sindaci le responsabilità, e non assumerle a livello centrale». A sostenerlo è il sindaco di Teramo e presidente di Anci Abruzzo, Gianguido D'Alberto. «E poi è stato un pasticcio», aggiunge, «perché non è convinto neanche il governo, perché rispetto alla bozza iniziale su cui poi è stata fatta la conferenza stampa del presidente di ieri c'era un testo, una bozza, che faceva espresso riferimento ai sindaci come potere. Dopo le pressioni e dopo le contrapposizioni che ci sono state al tavolo governativo nel rapporto anche con Anci, io condivido pienamente quanto detto dal presidente nazionale Decaro, lo condividiamo come Anci Abruzzo, c'è stata una retromarcia che di fatto oggi rischia di creare ancora più confusione perché si parla di un potere di disporre la chiusura, ma non si indica qual è l'organo, l'ente, il soggetto, l'autorità, chiamata a poter adottare questa misura stessa. Chiediamo che si modifichi subito questa norma e che si chiarisca, che si definiscano le competenze, e che si arrivi a una misura il più uniforme possibile sul territorio, con chiarezza perché non possiamo correre il rischio di una confusione che poi pagheremo in termini di efficacia di queste misure».

Marsilio solleva problemi di metodo. «Non sono soddisfatto, innanzitutto per una questione di metodo». Cosi il presidente Marsilio a Teramo intervenendo sul nuovo Dpcm. «Abbiamo passato tutto il sabato e la domenica a fare più confronti. sia tra le Regioni che tra Regioni e governo» ha detto il presidente della Regione «ci era stato garantito fin dall'inizio di questa nuova discussione che il metodo sarebbe stato differente rispetto all'ultima volta, ma dopo tante promesse quando ha finalmente tirato fuori un pezzo di carta il governo non ci ha messo nella condizione di poterlo discutere. Ci sono argomenti che le Regioni hanno posto salvo poi scoprire che ve ne erano diversi altri che poi il governo ha tirato fuori che riguardavano le Regioni e gli enti locali».

Tra queste proprio la decisione di delegare anche ai Comuni, salvo poi evitare ogni riferimento diretto ai sindaci nel decreto pubblicato, di chiudere eventuali vie o piazze. «Un'idea balzana che ha fatto rivoltare tutti i sindaci e il presidente dell'associazione nazionale dei Comuni»  ha continuato Marsilio «anche perché era una questione che nessuno aveva messo sul tavolo. Sarebbe stato più corretto fare questa proposta, ascoltare cosa avevano da dire Province, Comuni e Regioni e poi dopo assumere una decisione».

Biondi: non basta proibire. «Non è condivisibile la linea del governo che ha inteso delegare ai sindaci responsabilità in ordine a scelte di carattere sanitario, presumendo che queste possano avere una qualche efficacia proibendo la frequentazione di determinate piazze o strade». Così il sindaco dell'Aquila, Pierluigi Biondi, di Fratelli d'Italia, commentando il Dpcm emanato ieri sera dal governo nazionale che delega ai sindaco misure più restrittive nei territori di riferimento. Il primo cittadino non parla di iniziative specifiche sull'Aquila interessata da giorni da una impennata di contagi. «Durante i mesi dell'emergenza gli enti locali hanno fatto fronte a sollecitazioni continue delle comunità, compiendo sforzi enormi per garantire continuità dei servizi e osservanza rigorosa delle normative in materia di contenimento da coronavirus» prosegue Biondi. «Mi chiedo per quale ragione si voglia continuare a caricare i primi cittadini di attribuzioni che non fanno altro che gravare su una già complessa e quotidiana attività amministrativa. Il governo si assuma l'onere di adottare provvedimenti in grado di salvaguardare la salute pubblica senza compromettere il futuro di imprenditori, esercenti e partite Iva che hanno già fatto enormi sacrifici per superare la prima fase della pandemia».