Processi lunghi, lo Stato paga 6 milioni

Nell'ultimo anno sono state avanzate 700 cause di «equa riparazione»

PESCARA. Stress da giustizia, ansia da sentenza che non arriva, patema d'animo da processo slittato. Penale o civile che sia, poco importa: cause estenuanti, mortificate da continui rinvii, al traguardo solo dopo anni. E dunque, meritevoli di risarcimento, anzi di «equa riparazione», come recita la cosiddetta «legge Pinto» partorita 10 anni fa proprio per tutelare i cittadini di fronte all'irragionevole durata del processo, che per giurisprudenza corrisponde a tre anni per il primo grado di giudizio, due anni per il secondo e un anno per ciascuna fase successiva.

CAUSE RADDOPPIATE.
In Abruzzo, nel 2010 le cause per ottenere i danni da "processo interminabile" sono state 695, quasi il doppio rispetto a due anni fa (381). Un trend preoccupante, pensando che sempre lo scorso anno ben 681 cause sono state definite (contro le 375 del 2009), lasciando un carico arretrato di 332, la cui definizione - in media - è assicurata entro i quattro mesi successivi alla loro iscrizione. Ma la verità è che il trend delle cause di equa riparazione per violazione del termine di durata ragionevole del processo è in costante crescita negli anni dal 2004 al 2010.

GLI INDENNIZZI.
Le percentuali di accoglimento delle pretese d'indennizzo superano il 90 per cento a dimostrazione - spiegano alla Corte d'appello dell'Aquila, competente a decidere - «della persistente, grave inefficienza dei tempi del servizio giudiziario», con conseguente frustrazione delle aspettative dei cittadini, ma soprattutto con grave danno per le casse dello Stato, calcolato, per il solo 2010, su una cifra superiore ai sei milioni di euro. La conseguenza è la progressiva lesione della credibilità e dell'immagine della giustizia.

COLPEVOLI RISARCITI.
Ma non di sole parti offese o di imputati innocenti si tratta, se è vero, come ha denunciato qualche mese l'ex presidente della Corte d'appello dell'Aquila Giovanni Canzio, che «sono tanti i pluricondannati che dopo vent'anni beneficiano, oltre che della prescrizione, dell'indennizzo». Una beffa doppia per lo Stato, ma anche per le vittime dei reati: «Non occorre spendere parole per stigmatizzare la paradossalità di tale situazione, che determina la sottrazione di rilevanti disponibilità finanziarie all'amministrazione della giustizia, in taluni casi anche a favore di debitori inadempienti o autori di reati che delle lungaggini processuali hanno beneficiato per procrastinare il pagamento di quanto dovuto o perseguire l'obiettivo della prescrizione del reato. Con l'effetto oltremodo negativo di appesantire il lavoro della Corte di appello e dilatare ulteriormente i tempi della giustizia».

EREDITA'.
Più diretto era stato Antonio Didone, magistrato della Corte di Cassazione: «L'equa riparazione è diventata una nuova forma di assistenza per i non abbienti e in alcuni casi una vera e propria eredità». Emblematiche le domande presentate dai figli per processi che hanno visto coinvolti, dieci anni prima, i genitori. Il giusto processo, come ha sottolineato Canzio, «è un albero dal cui fusto partono innumerevoli rami che concorrono a rallentarne i tempi: la carenza di organico e risorse, una legislazione frammentaria e il comportamento delle parti». Nonostante l'imponente incremento delle cause di equa riparazione, 695 contro le 480 del 2008, il numero dei procedimenti definiti (681) è quasi pari. L'apparente calo del 2009 è dovuto al terremoto e alla sospensione ex lege dei termini.

LA COLPA. Secondo la giurisprudenza, è normale che l'anomala lunghezza della pendenza di un processo produca angoscia. Che non occorre provare per ottenere l'equa riparazione. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, tali turbamenti devono presumersi e sono superabili solo se si dimostri che la prospettata sofferenza non si è verificata.

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