Raccomandopoli, D’Alfonso nega

L’accusa: sollecitò il trasferimento di un medico all’ex manager della Asl.

CHIETI. Nessun abuso, ma semplici segnalazioni all’ex manager della Asl Luigi Conga. L’ex sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso ieri mattina, accompagnato dall’avvocato Giuliano Milia, ha risposto alla sostituto procuratore Rosangela Di Stefano che sta indagando su alcune raccomandazioni fatte attraverso lettere affinché Conga accogliesse la richiesta di trasferimento del medico Pia De Simone dall’ospedale di Penne al policlinico di Colle dell’Ara.

Un’altra grana sulle spalle dell’ex primo cittadino di Pescara. Luciano D’Alfonso si è trattenuto negli uffici della procura di via Spaventa poco meno di mezz’ora. Non gli sono mancate le parole per imbastire la difesa sia pur di fronte alle contestazioni incontrovertibili della pm avvalorate dalle lettere da lui firmate nei primi mesi del 2005 e dal fatto che quelle «sollecitazioni» all’allora direttore generale della Asl di Chieti, comunque andarono a buon fine: la dottoressa fu trasferita. Subito dopo l’interrogatorio di D’Alfonso, la pm ha ascoltato Conga, indagato in concorso con l’ex sindaco per abuso patrimoniale. Assistito dall’avvocatessa Barbara D’Angelosante, Conga, pur non potendo smentire di aver ricevuto le lettere da D’Alfonso, si è difeso sostenendo di non averne tenuto conto. Esperta in tumori del feto, la dottoressa De Simone aveva tutte le carte in regola per essere trasferita al policlinico.

L’inchiesta madre è del pm di Pescara Gennaro Varrone che sta indagando relativamente allo stesso fatto per il reato di concussione. D’Alfonso, secondo il pm, avrebbe avuto in regalo dalla dottoressa De Simone un computer. La vicenda prende così due strade. Uno stralcio infatti parte per Chieti in quanto l’atto dell’abuso patrimoniale (a causa del vantaggio avuto dall’ex sindaco con il computer) si è consumato attraverso le lettere giunte alla Asl di Chieti. Una vicenda che si è ulterioremente complicata e che ha al suo attivo anche un conflitto di competenza sollevato dalla procura teatina che ha fatto ricorso alla corte d’appello sostenendo che la vicenda avrebbe dovuto essere trattata dai magistrati di Pescara che stavano indagando per il reato più grave, la concussione. Ma la corte ha respinto il ricorso e deciso che sull’abuso dovesse rimanere a Chieti.

Gli interrogatori di ieri rappresentano l’ultima parte dell’attività della pm Di Stefano che dopo una congrua pausa di riflessione, disporra l’avviso di conclusione delle indagini.