Salute, la bilancia penalizza gli abruzzesi

Al secondo posto in Italia nella classifica dei più obesi: in sovrappeso un adulto su tre. Controlli gratis nei centri dietetici


 PESCARA. La sindrome della bilancia inizia davanti ad una fetta di pane e olio. In Abruzzo pare proprio che sia difficile resistere alla tentazione di mordere la più classica delle merende dei nonni. «Vuoi qualcosa da mangiare? Ti preparo pane e olio, che fanno bene», ci dicevano tirando fuori con un sorriso dalla dispensa il casareccio e la bottiglia del frantoio.
 Passano i tempi, le mode cambiano, ma pane e olio in Abruzzo resistono. Rappresentano, per gli esperti dell'alimentazione, una tradizione culinaria così radicata che preoccupa. Perché, come in tutte le cose, se prese a grandi dosi, fanno danni.

 E in questo caso i danni sono riscontrabili con il nostro fisico, in particolare con il livello di obesità che raggiungiamo se abusiamo di cibi, come appunto pane e olio, ricchi, sì, di sostanze nutritive e buone dal punto di vista organolettico, ma anche di calorie che fanno ingrassare.

 Ecco allora che la vecchia, gustosa merenda dei nonni viene indicata in Abruzzo, in occasione dei giorni dell'obesità («Obesity day», www.obesityday.org) indetti dall'Adi (Associazione italiana dietetica e nutrizione clinica), come esempio non come piatto da evitare, ma da consumare con parsimonia.

 I centri di dietetica pubblici - Unità operative di dietetica e nutrizione clinica e le Unità di nutrizione ospedaliere e territoriali dell'Adi - aprono per due giorni le loro porte per dare consigli e informazioni gratuite a chi insegue la linea perduta.

 Il risultato degli eccessi che gli abruzzesi si concedono a tavola hanno portato la nostra regione al secondo posto (prima è la Campania) nella classifica degli italiani più obesi (9 adulti su cento) e in sovrappeso (30 su cento) e al quarto per numero di bambini affetti da obesità (33 per cento).

 I dati diffusi dall'Adi dicono che in dieci anni tra chi ingrassa e chi dimagrisce l'Abruzzo «pesa» sempre di più con un aumento medio del 20 per cento.

 E i motivi, secondo gli esperti, vanno cercati oltre che nella scarsa capacità di sottrarsi alle sirene della cucina abruzzese, alla scarsa propensione a fare attività fisica.
 «In questo quadro si inserisce comunque un dato positivo, c'è un'attenzione maggiore di un tempo all'alimentazione», fanno rilevare Mario Pupillo, presidente dell'Adi Abruzzo e Maria Teresa Guagnano responsabile del Centro per l'obesità dell'università di Chieti, «questa consapevolezza si registra in modo più marcato negli uomini ed è la classe di livello socioeconomico più alto quella che presta più attenzione al problema estetico sanitario». Più consapevolezza, ma anche abitudini alimentari radicate.

 Una situazione che dovrebbe far riflettere tutti quanti, dai genitori alle scuole, ai media.
 Ma c'è qualcuno che ha maggiore responsabilità? Mario Pupillo e Maria Teresa Guagnano promuovono i medici («per i messaggi di educazione sanitaria nel rapporto con i pazienti»), le istituzioni («che si impegnano con progetti e iniziative nonostante le difficoltà di carattere economico») e i media, dalla carta stampata alle televisioni («che affrontano in continuità le problematiche del peso facendo da cassa di risonanza ai consigli del mondo medico»); inseriscono fra i rimandati la scuola dell'obbligo («dove con difficoltà si mettono in atto modelli salutistici corretti») e concludono con i bocciati. Chi sono? «I patiti del computer e, in genere tutti coloro che prediligono la sedentarietà nel tempo libero, quella sedentarietà alla base dell'aumento dell'esercito delle persone in sovrappeso in Abruzzo».

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