Sanitopoli, Angelini indagato per bancarotta

Il re delle cliniche indagato a Chieti per bancarotta. La Procura teatina subentra a Pescara per i 100 milioni di euro spariti. Aperto nuovo fascicolo sull’imprenditore, 100 milioni di euro spariti da Villa Pini

CHIETI. Dalla procura di Pescara a quella di Chieti. Il pool di magistrati guidati dal procuratore Nicola Trifuoggi sull’inchiesta che vede protagonisti Vincenzo Angelini e l’ex governatore Ottaviano Del Turco si è spogliato di una parte importante del voluminoso fascicolo, quella che vede il magnate della sanità privata indagato di bancarotta fraudolenta per distrazione. Oltre 100 milioni di euro spariti dalle casse delle cliniche da lui gestite.

I conti e i movimenti di denaro del «grande accusatore», che il 14 luglio del 2008 (quando Del Turco fu arrestato), venne definito dal procuratore Trifuoggi «attendibile perché si era autoaccusato», saranno allo studio del collega Pietro Mennini, ex collaboratore di Trifuoggi, promosso da agosto ai vertici della procura teatina. Pescara, in questo periodo di indagine, ha raccolto elementi sufficienti per ipotizzare che Angelini avesse distratto soldi dai conti delle sue attività, nonostante le difficoltà finanziarie di dimensioni tali da non essere in grado di pagare con regolarità dipendenti e fornitori. Gli inquirenti pescaresi sin dai primi passi dell’inchiesta sono venuti a conoscenza delle strane movimentazioni di denaro tra le società controllate dal gruppo Villa Pini e la Novafin, finanziaria della famiglia Angelini. Da subito gli inquirenti hanno saputo delle sponsorizzazioni di Angelini al motociclista Andrea Dovizioso e dei crediti con le Asl anticipati dalle banche. Pasticcio che nel primo atto delle indagini hanno visto il magnate della sanità principale indagato. A precisa domanda degli inquirenti, Angelini negò di aver dato soldi ai politici. Ci fu un punto della inchiesta in cui il re delle cliniche rischiò di essere arrestato, lo avevano chiesto gli investigatori. Per lui le cose si stavano mettendo molto male, così cambiò versione e incominciò a «collaborare» facendo i nomi di politici, manager Asl, assessori ai quali sarebbe stato costretto a corrispondere mazzette. I magistrati pescaresi hanno quindi calvalcato l’onda delle tangenti, uno tsunami che ha azzerato la giunta regionale, tralasciando però quella parte che vedeva Angelini da una parte senza soldi, perché «spremuto come un limone dai politici» (sono parole sue), e dall’altra autore di strani depositi milionari.

La procura di Pescara decide comunque di togliersi dal tavolo delle indagini questa parte dell’inchiesta e consegnarla a Chieti già alle prese con altri due casi: quello sollecitato dalla commissione parlamentare di Ignazio Marino sulle case di riabilitazione lager, e l’altro sulle cartelle cliniche false. Ora Mennini, di fronte a questo intrigo di soldi spariti, vuole vederci chiaro, e ha nominato un consulente che analizzi punto per punto tutti i movimenti finanziari di Angelini.

Intanto ieri mattina al tribunale di Chieti sono state depositate alcune richieste di fallimento nei confronti di Villa Pini. Alcuni creditori hanno desistito, sostenendo che non vogliono assumersi la responsabilità di finire una azienda con 1800 lavoratori, altri invece hanno ribadito che la società venga ufficialmente dichiarata decotta. Il giudice delegato al fallimento, che precedentemente ha rigettato altre richieste di fallimento, si è riservato di decidere e ha rinviato l’udienza al 9 febbraio.