Saverio Gileno nuovo coordinatore nazionale dei Giovani dem: «Siamo quelli delle idee forti»

Il segretario regionale ora è anche coordinatore dell’organizzazione generale. Sugli obiettivi: «Ai vertici nazionali l’Abruzzo mancava da anni. Rappresenteremo il vento di novità nel Pd, è il nostro ruolo»
PESCARA. «Siamo stati per troppo tempo una organizzazione acefala. Ora, per noi, inizia un nuovo corso». Sono piene di speranze le parole di Saverio Gileno, il segretario abruzzese dei Giovani democratici che nel congresso nazionale dello scorso fine settimana a Napoli è stato nominato coordinatore della segreteria nazionale. Un’assemblea «necessaria» che è arrivata «a 5 anni dall’ultima volta», spiega Gileno, perché «ora ci siamo compattati attorno a alla neosegretaria Virginia Libero, ma fino a prima eravamo una realtà che esisteva soprattutto nei territori». Gileno sottolinea l’importanza della sua nomina per la regione, visto che «sono passati 10 anni dall’ultima volta che un giovane abruzzese ricopriva una posizione di vertice. È un riconoscimento al nostro lavoro». Come lui, altri tre corregionali sono entrati negli alti ranghi dell’organizzazione: Claudio Mastrangelo, Silvia Sbaraglia e Pia Finoli, parte della direzione nazionale. Tutti ragazzi che rappresentano «il vento del cambiamento nel partito», commenta con fierezza il neocoordinatore, che ha le idee chiare sul proprio ruolo: «Noi siamo quelli che devono dire l’indicibile».
Gileno, cosa è indicibile all’interno del Partito democratico?
«Era indicibile dire, poco dopo lo scoppio del conflitto in Palestina, che Israele stava commettendo un genocidio. Ci avevano dato dei fiancheggiatori di Hamas, ma poi abbiamo visto il pensiero dell’opinione pubblica nei mesi successivi». Siete quelli delle idee forti all’interno del Pd? «Salvador Allende ha detto che essere giovani e non rivoluzionari è una contraddizione. O noi portiamo una nuova linea, più forte, oppure non portiamo nulla».
Significa spostare il partito più a sinistra?
«Significa renderlo più forte, portare avanti i grandi temi della giustizia sociale come il salario minimo e il reddito di base universale. Per rendere il Pd il partito del giusto bisogna partire da qui».
La pensate tutti così all’interno dei Gd oppure siete divisi anche voi in correnti, esattamente come i grandi?
«Dopo il congresso del 2020 si erano creati dei “gruppi di dialogo” ed è stata avviata una lunga interlocuzione, ma ci siamo compattati attorno alla nuova segretaria Libero. Esattamente come il Pd attorno a Schlein».
Voi giovani vi sentite in continuità con il Pd?
«Se siamo nella sua organizzazione giovanile vuol dire che ci sentiamo rappresentati, che è il nostro partito. Ciò non toglie che, come dicevo, dobbiamo portare quel vento di novità, quelle idee forti che devono essere alla base di un rinnovato discorso politico».
Avete il difficile compito di intercettare l’interesse dei giovani per la politica.
«Fino a qualche tempo fa si diceva che i giovani fossero disinteressati alla politica, poi abbiamo visto con la questione di Gaza quanto ciò fosse falso. Migliaia e migliaia di ragazzi scesi in piazza per manifestare la propria idea, il proprio dissenso rispetto a come stavano andando le cose. Lo stesso è successo anni prima con le manifestazioni per l’ambiente».
Non sono grandi temi morali e non politici?
«Se si scende in piazza tutti insieme, se c’è una riflessione collettiva, allora è politica. Certo, le modalità di partecipazione sono cambiate rispetto ai tempi delle sezioni, basta pensare all’aumento esponenziale dell’attivismo digitale, ma non significa che i giovani stiano fermi».
Come ci si relaziona con le nuove generazioni?
«Soprattutto ascoltando, senza guardare dall’alto in basso, ma mettendosi a disposizione. Poi bisogna spingere per incentivare la partecipazione, fisica e virtuale. Infine, c’è la questione dei temi. Ripetere i punti, giustissimi, del partito non basta».
Allora c’è della distanza tra voi e il Pd dei grandi.
«Siamo giovani e, come ho detto, dobbiamo portare avanti delle idee forti. Il nostro contributo deve essere questo». Vi siete posti degli obiettivi per questo nuovo corso suggellato dal congresso di Napoli? «Il primo è tornare a essere un’organizzazione ben ramificata sul territorio nazionale, e non più legata alle singole realtà regionali o locali. Poi dobbiamo riuscire a rappresentare questa generazione di under 30 che vive in una condizione di precarietà esistenziale».
Quali sono i vostri temi che si avvicinano di più a questa generazione?
«La diseguaglianza in tutte le sue forme, da quella sociale a quella territoriale, passando per quella economica, sociale e, ovviamente, quella generazionale. Poi il tema della pace, la base di qualunque discorso politico in un mondo così turbolento e aggressivo. Infine, la formazione come ascensore sociale, basata su un sistema di istruzione che punta alla crescita e non cristallizza le diseguaglianze secondo i criteri del merito».
Ce l’ha con il governo Meloni.
«Contro questo governo e le derive antidemocratiche che si moltiplicano, noi Gd abbiamo un ruolo fondamentale. Ora che abbiamo inaugurato un nuovo corso, siamo pronti a svolgerlo».

