OMICIDIO AD ALBA ADRIATICA

Seconda notte di violenza: attaccate le case dei rom

Seconda notte di violenze ad Alba Adriatica dopo il corteo di protesta per l’omicida del commerciante. Fadani ucciso con tre pugni in testa, ancora latitante uno degli assassini. In mattinata un gruppo di zingari protesta davanti al municipio per chiedere i danni In fuga i Levakovic, parenti del ricercato

ALBA ADRIATICA.  Ore 20 e 30, scoppia per la seconda volta la guerriglia urbana. Tavoli e sedie volano verso le finestre delle abitazioni dei rom, in via Cesare Battisti. La rabbia degli albensi per l’omicidio di Emanuele Fadani ancora non si placa. Circa 300 persone si accalcano sotto le stesse case prese dall’assalto la sera precedente. È l’inizio della seconda spedizione punitiva: parte il lancio di sassi verso le finestre, frantumate in mille pezzi. Alcuni incitano i manifestanti e alimentano la rabbia. La marcia verso la zona rom della città viene accompagnata dai cori. «Zingari assassini››, urla la gente a gran voce. Le forze dell’ordine, carabinieri e polizia, formano una catena umana, schierandosi di fronte alle abitazioni.

IL BLOCCO
. Militari e poliziotti cercano di placare la folla, che però non ne vuol sapere di disperdersi. Così i manifestanti si spostano verso via Roma, con l’intento di tornare in via Regina Margherita per completare l’opera di distruzione. Il corteo attraversa velocemente piazza IV Novembre, dove si trova l’edificio municipale. Quando la gente arriva in via Roma, però, la polizia ha già bloccato tutte le vie di accesso alla zona della stazione ferroviaria. I collegamenti tra quella parte di Alba e il resto della città sono stati interrotti. Via Roma, una delle vie principali, è stata chiusa. Intanto il traffico va in tilt. Le volanti hanno formato un solido posto di blocco. Le forze dell’ordine ricompongono nuovamente la catena umana. Non lasciano passare nessuno.

IL DIALOGO. In questi momenti, si apre il dialogo tra i manifestanti e il maresciallo dei carabinieri di Alba Adriatica Gregorio Camisa, che dice: ‹‹Stiamo facendo tutto il possibile per garantire la sicurezza in questa città. Le manifestazioni popolari non devono assumere caratteri violenti. Devono essere dei cortei pacifici e civili››. Qualcuno non ci sta alle parole del maresciallo e gli urla contro: ‹‹Solo quando qualcuno perde la vita, allora intervenite in questa zona. Dove siete stati finora?››. Solo alle 22 la folla comincia lentamente a disperdersi.

IL RADUNO
. La nuova manifestazione popolare viene organizzata nel pomeriggio. Alle 18.30 è fissato l’appuntamento in piazza del Popolo. Le persone accorrono persino dalla vicina Tortoreto. Il corteo, scortato dai carabinieri e dalla polizia, si reca alle 19 sul luogo del delitto di Emanuele Fadani, in viale Mazzini. Durante la passeggiata, tra le strade risuonano le voci degli albensi: ‹‹Assassini, assassini». Appena giunti sul posto del massacro di Emanuele, i cittadini si lasciano andare a due lunghi applausi. Molti appaiono commossi e in lacrime. I lumini, i fiori e i biglietti di addio contornano il pezzo di asfalto sul quale è stato trovato il corpo del commerciante. Poi, cinque minuti di silenzio per ricordare Emanuele Fadani. Al termine del silenzio, ripartono di nuovo i cori: ‹‹Mandiamoli via. Basta››. Dal luogo del delitto, il corteo torna indietro verso piazza del Popolo. E qui cominciano i primi blocchi delle forze dell’ordine, che capiscono che l’intento della gente è di tornare a distruggere il quartiere rom.

L’APPELLO
. Il capitano della compagnia carabinieri di Alba Adriatica, Pompeo Quagliozzi, cerca di aprire un dialogo con i manifestanti. L’ufficiale raduna la gente in un punto della piazza, dove tutti ascoltano ciò che ha da dire il capitato Quagliozzi: ‹‹Vi prego di mantenere la calma. Non aggiungete violenza ad altra violenza. La giustizia e le forze dell’ordine stanno lavorando. Ciò che state facendo non è giusto e non è corretto››. Ma la gente ignora l’appello e prosegue la marcia verso i quartieri rom. Solo le barricate la fermeranno.