«Siamo aperti a tutti ma devono rispettare le regole del gioco»

Cna: con qualità e prezzo, spodestate molte nostre imprese Vani i tentativi di integrazione: gli stranieri si aprono, loro no

TERAMO. Un’associazione che ha tentato di contenere l’espansione dei cinesi prima, e di stabilire regole comuni di convivenza, poi, è la Cna. «Noi siamo aperti e liberali, ma le imprese straniere devono integrarsi con le nostre aziende e non operare in un regime di concorrenza sleale», esordisce Gloriano Lanciotti, direttore dell’associazione che rappresenta artigiani e piccole imprese.

Lanciotti esamina il fenomeno sotto diversi aspetti. «Le aziende cinesi hanno “spodestato” una serie di imprese teramane che non erano competitive perchè in regola, rivoluzionando l’assetto del settore in provincia. Le aziende teramane rimaste in piedi producono con marchio proprio e sono solo committenti, il façon è sparito. Dall’abbigliamento e pelletteria, ora l’imprenditoria cinese abbraccia molti settori, dalle costruzioni al commercio, anche all’artigianato di servizio, ad esempio gli acconciatori. Anche in questi ambiti fanno concorrenza spietata, penetrano nel mercato offrendo prezzi stracciati, spesso a discapito della qualità e della sicurezza. E in questo periodo di crisi trovano terreno fertile».

La Cna ha tentato di diffondere un minimo di cultura della legalità fra gli imprenditori cinesi. «Nel corso degli anni abbiamo cercato di farli entrare in sinergia con società e mondo imprenditoriale teramano, abbiamo organizzato incontri (anche con la Caritas) e diffuso un opuscolo in cinese, in collaborazione con la Provincia. Allora infatti si diceva che non conoscendo la lingua non avevano dimestichezza con la burocrazia e facevano quel che facevano, ignorando la legge. Iniziativa che abbiamo riproposto anche agli altri stranieri. Però mentre le altre comunità si sono un po’ integrate, la cinese rimane chiusa, difficile da penetrare», osserva il direttore. L’unico contatto è rappresentato dagli imprenditori cinesi che vanno alla Cna per chiedere finanziamenti. Qualcuno segue anche i corsi obbligatori per la sicurezza. «Noi abbiamo messo su una struttura ad hoc, un coordinamento di imprese straniere- si chiama Cna world - legato alle otre 5000 partite Iva che ci sono nella nostra provincia, con aziende che vanno dal Marocco all’Argentina, ma di cinesi non ne abbiamo associato nemmeno uno».

Lanciotti analizza anche i motivi per cui le aziende cinesi sono riuscite a penetrare tanto facilmente sul territorio. «Le aziende teramane che operavano nello stesso segmento erano già in crisi e si sarebbero dovute ristrutturare per fare un salto di qualità, con investimenti sul marchio e sull’export. Queste cose non sono state fatte per miopia della classe dirigente di allora e anche degli imprenditori. I cinesi si sono inserti dunque su un terreno fertile e in alcuni casi hanno salvato alcune situazioni, acquistando le macchine dai teramani, le cui aziende sono rimaste a fare solo il commerciale. Alcune imprese cinesi ormai hanno una qualità del prodotto elevata: se devono fare capi o borse per marchi importanti devono adeguarsi alle richieste. Ma la manodopera molto qualificata è scomparsa, nel tessile e pelletteria. Tanto che molte aziende rimaste sul mercato, oggi hanno difficoltà ad trovare operai specializzati. Un altro problema è che i cinesi non rimettono sul territorio il ricavato dell’attività imprenditoriale. Il territorio perde ricchezza: sono tutti utili che vanno via, pur usufruendo dei servizi di questa provincia». Tantopiù che fra le imprese cinesi l’evasione di imposte e contributi è alta, come accertato dalle ispezioni. (a.f.)

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