«Sistema portuale unico Così si cresce sui mercati»

5 Maggio 2014

Bruno Santori (Abruzzo civico): «Pescara, Ortona e Vasto devono allearsi e specializzarsi. Fondamentale varare la macroregione Adriatico-ionica»

PESCARA. Bruno Santori, operatore portuale di Pescara, ex presidente regionale di Confesercenti (si è dimesso dalla carica dopo la candidatura alla Regione) è un esponente di quella che Giulio Borrelli, coordinatore di Abruzzo Civico, chiama il “nuovo civismo”, «quell'insieme di persone provenienti dai territori che fanno del riscatto civico il comune denominatore. Un fronte di innovatori», sottolinea Borrelli, «che si impegna per un cambiamento radicale della regione».

Per Santori, candidato alle elezioni regionali per Abruzzo Civico nella circoscrizione Pescara, il cambiamento parte soprattutto dalla infrastrutturazione dell'Abruzzo, e in particolare dal sistema portuale. «Le infrastrutture sono un tema fondamentale», dice Santori, «basti guardare Pescara. La città nel dopoguerra rinasce intorno alla stazione e si sviluppa grazie al porto e all'autostrada. Quando questi interventi subiscono dei fermi o degli impacci, automaticamente arrivano la stagnazione e la decrescita economica».

Tema attualissimo se si pensa alla paralisi del porto pescarese, e all'incapacità dei quattro scali regionali di dialogare e mettersi a sistema. «Fino agli anni '80 », spiega Santori, «i nostri porti erano in assoluta concorrenza l'uno con l'altro. Era un periodo di grande fermento dei traffici marittimi e tutti potevano permettersi di fare tutto. Le cose sono cambiate negli anni ’90 quando il mercato si è aperto e le imprese hanno cominciato a internazionalizzarsi. Oggi non è più pensabile che tutti i porti facciano tutto. Anche il nostro porto più grande, Ortona (che in fondo è un piccolo porto con pochi spazi nel retroterra), deve fare le sue scelte; come devono farle Vasto e Pescara. Nasce dunque la necessità di creare un sistema di coordinamento tra porti con la creazione di una sorta di “Agenzia portuale regionale” che sia l’emanazione dell’assessorato regionale trasporti». Santori non pensa a un carrozzone con presidente e consiglio di amministrazione di nomina politica, ma «è sufficiente che la Regione individui funzionari che lavorino 24 ore su 24 sui porti, assumendo deleghe dallo Stato». Per esempio, il porto di Pescara «va riclassificato da statale a regionale (mantenendo beninteso le risorse)» e si dovrebbe arrivare «a una complementarità tra i vari porti». I quali, nota Santori, «tutti insieme sono distanti quanto la prima e l’ultima banchina di Rotterdam». Solo così l’Abruzzo potrà «vendere» il suo sistema portuale attraverso le singole specializzazioni: «Pescara ha una vocazione passeggeri; Ortona è già un’importante base logistica per gruppi come Micoperi, Eni, Walter Tosto e per la cantieristica d’eccellenza; Vasto ha già scavato il suo “canale” da solo. Quello per esempio del traffico container è una bella storia di successo imprenditoriale. Lì sono state create le condizioni operative per quel progetto, i fondali sono stati dragati e non ci sono stati ostacoli burocratici».

Per Santori bisogna anche guardarsi intorno e saper prevedere, per esempio, gli sviluppi di vicende nazionali come l’ingresso delle grandi navi a Venezia. «Il decreto su Venezia, anche se adesso sembra bloccato dal Tar, nel giro di 2 o 3 anni darà la possibilità di ingresso nella città lagunare solo a navi di medio e piccolo tonnellaggio. Questo vuol dire che l’Adriatico si affollerà di navi medio-piccole adatti per i nostri porti». E poi c’è la questione delle alleanze: le Marche guardano all’Emilia, la Puglia alla Campania e l’Abruzzo? Alleato naturale per la portualità abruzzese è il sistema portuale laziale, dice Santori. Ma non solo. «Da presidente di Confesercenti», aggiunge, «ho insistito molto sulla costituzione della macroregione Adriatico-ionica, perché ormai tutto il tema delle autostrade del mare sarà inglobato nel ragionamento sulle macroregioni. Queste saranno uno dei pilastri della nuova programmazione europea 2014-20. Di conseguenza il riconoscimento della macroregione adriatica rappresenta per l’Abruzzo un passaggio fondamentale. Purtroppo finora la Regione è rimasta fuori dai giochi, perché non abbiamo dato il contributo che ci si aspettava. Ricordo solo che alla conferenza di Atene a febbraio l'Abruzzo era assente».

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