Tercas un anno dopo: "Ora siamo solidi e in anticipo sui piani"

Parla l’ad Gianluca Jacobini: nessuna fusione con Caripe, ci integreremo sempre di più con la capogruppo di Bari

TERAMO. «Che cosa abbiamo fatto in quest’anno? Abbiamo lavorato a testa bassa per riportare Tercas e Caripe alla normalità e a brevissimo siamo convinti di farcela».

L’amministratore delegato Gianluca Jacobini guida la task force che il primo ottobre del 2014 ha preso possesso del più importante gruppo creditizio d’Abruzzo, dopo una gestione commissariale che aveva fatto emergere perdite da paura, pari a 602 milioni.

La banca era appena stata rilevata dal gruppo Popolare di Bari, di cui il 38enne Jacobini è tuttora il vice-direttore generale.

Avete trovato una realtà migliore o peggiore di quella che vi eravate prefigurati?

«Né meglio nè peggio, avevamo un piano e direi che lo stiamo realizzando secondo i programmi. Anzi, direi che come raccolta e impieghi siamo persino in anticipo».

Tutti pensavano che avreste proceduto alla fusione di Tercas e Caripe, creando un unico istituto abruzzese...

«No, non è questa la strada giusta. La Bce spinge verso un consolidamento dei gruppi bancari ed è normale immaginare che la direzione generale venga sempre più integrata su Bari. Vede, oggi non conta più sapere dov’è “la sede”, contano i servizi che si è in grado di offrire. Da questo punto di vista la nostra Popolare nel tempo ha già assorbito ventotto banche, lasciando ai territori la giusta autonomia. E il modello ha dimostrato di funzionare».

E dal punto di vista patrimoniale si può stare tranquilli dopo le brutte sorprese del passato?

«In questi giorni si riparla di stress test della Bce e di banche che devono migliorare il Cet1 ratio al requisito minimo fissato da Francoforte. Siamo assolutamente al sicuro anche da questo punto di vista, con un coefficiente che supera l’11,5% sia come gruppo Banca Popolare di Bari, sia come Tercas Caripe».

Si parla molto di razionalizazioni con chiusure di sportelli: ormai molte operazioni non vengono più fatte allo sportello, ma on-line.

«Gli sportelli fisici resteranno, ma si devono specializzare ed è per questo che stiamo investendo moltissimo in formazione. E’ vero che le operazioni più semplici possono essere fatte on line, ma la gestione dei patrimoni e i servizi alle imprese hanno bisogno di operatori con cui dialogare».

A proposito: come va il rapporto con il personale abruzzese?

«Molto bene, c’è un attaccamento alla banca che non abbiamo riscontrato in altri territori in cui siamo presenti. Una cosa che va al di là dell’impegno. Posso raccontarle un aneddoto?»

Prego...

«A Natale abbiamo organizzato un piccolo brindisi in direzione. Mi è venuto da dire che la prima cosa che dovevamo festeggiare era di esserci ancora come banca, dopo tutto quello che la Tercas aveva passato. In quel momento ho visto un paio di nostre collaboratrici con le lacrime agli occhi e credo che questo la dica lunga su quanto è stato sofferto il periodo difficile di questa banca».

Tra gli addetti ai lavori c’è la convinzione che non vi fermerete qui: presto anche la Carichieti dovrà uscire dal commissariamento, decretato proprio un anno fa, e molti scommettono su un vostro intervento.

«Le assicuro che in questo momento siamo molto impegnati con la ristrutturazione di Tercas e Caripe, questa è l’unica cosa che mi sento di dirle».

C’è molto nervosismo tra gli imprenditori abruzzesi: da ultimo, martedì, è stata la Confartigianato a lamentare la difficoltà di ottenere credito in questa regione.

«A noi risulta una situazione diversa: direi che già da marzo si è avvertita un’inversione di tendenza, in positivo, molto pronunciata per i mutui casa, un po’ meno per i finanziamenti alle imprese. Ma non vogliamo certo fermarci qui: presto approveremo un piano industriale che prevede un forte investimento sul settore delle piccole e medie imprese. Voglio dirlo chiaro: il futuro di questa banca passa per un consistente aumento dei prestiti alle imprese. Non ci accontentiamo certo dei 3,3 miliardi di impieghi che abbiamo in essere a oggi».

Presto anche la Banca Popolare di Bari dovrà trasformarsi in spa, come tutti i grandi istituti di categoria: che cosa cambierà per soci e clienti?

«Cambierà la forma giuridica, ma le posso assicurare che non cambierà il nostro rapporto con i soci, che rimarrà di grande vicinanza. Al momento ne abbiamo 75 mila, ma continuano ad aumentare».

Avete soci anche in Abruzzo?

«Al momento no, ma è normale pensare che ne avremo, questa regione è molto importante per il nostro gruppo».

Come ha trovato l’economia abruzzese?

«Beh, ci sono molte analogie con le altre regioni del centro-sud nelle quali già operavamo. Con una caratteristica in più: qui ci sono alcune eccellenze industriali di grande rilievo, veri e propri leader nei loro settori».

Vi preoccupa ancora l’inchiesta aperta dall’anti-trust europeo per il contributo versato un anno fa dal Fondo di garanzia dei depositi, classificato come possibile aiuto di stato?

«Stiamo parlando con l’anti-trust per dare tutti i chiarimenti del caso: pensiamo di avere tutti gli argomenti per sostenere la correttezza dell’intervento».

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