Un agguato con l’auto per pagare uno sgarro

Attirata in un tranello e travolta da un’auto. Una vettura che era stata rubata un mese prima dal killer e data alle fiamme subito dopo l’agguato mortale. Killer che rimane senza volto perché la...

Attirata in un tranello e travolta da un’auto. Una vettura che era stata rubata un mese prima dal killer e data alle fiamme subito dopo l’agguato mortale. Killer che rimane senza volto perché la Procura di Avezzano ha deciso di archiviare l’inchiesta sulla morte di Mariana Marku, 30enne albanese. La donna era stata trovata senza vita in un campo di Cese, frazione di Avezzano, sabato 5 maggio 2012. I carabinieri del nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Avezzano avevano lavorato mesi sul caso. Avevano ascoltato decine di testimonianze, indagato sul passato della giovane che lavorava come barista in un night club di Civitella Roveto, ricostruito i tasselli delle sue ultime ore di vita. Ma le indagini si erano arenate di fronte alla mancanza di collaborazione delle autorità albanesi. Il sospetto degli inquirenti era uno solo: i sicari erano arrivati dal Paese d’origine della donna, che con ogni probabilità doveva pagare uno suo sgarro o quello di qualche familiare. La scomparsa della Marku, giovane madre di un bimbo che all’epoca aveva 11 anni, era stata denunciata il giovedì precedente dal fratello Valentino, che viveva con lei non lontano dal luogo del ritrovamento del cadavere. La 30enne era arrivata dall’Albania a Natale dell’anno precedente. I militari la ritrovarono a piedi nudi, con indosso un paio di pantaloni neri e la maglietta leggermente sollevata. Dalle indagini è poi emerso che era stata abbandonata nel campo (aveva infatti i talloni logori a causa dal trascinamento). Conosceva chi quella sera l’aveva avvicinata per ucciderla. L’attività investigativa si era concentrata su una scheda telefonica che la 30enne aveva in tasca. Una sim che era stata acquistata circa un mese prima nel Nord Italia, insieme ad altre. Una decina in totale. A comprarle una persona albanese, entrata in Italia proprio dal Nord, che poi era riuscita a stabilire dei contatti con la vittima. Alle 3.30 di giovedì 3 maggio Mariana Marku era ancora in vita. Qualcuno l’avrebbe vista in un locale di Avezzano. Venerdì era stata scoperta l’auto bruciata in via Pietro Marso vicino al campo dove il giorno dopo è stata trovata la vittima. Fino al ritrovamento del corpo si pensava a un incendio di auto come tanti. Invece proprio quella Mercedes completamente bruciata era stata utilizzata per ammazzare la barista. Era stata rubata a Cerveteri, nel Lazio. La donna era stata attirata nella trappola con due sms. Un appuntamento con il suo assassino nel buio della notte. Buio come tutta questa storia che dopo quasi quattro anni viene chiusa in un fascicolo destinato ad accumulare polvere. Un fascicolo dove manca il nome dell’assassino. ©RIPRODUZIONE RISERVATA