Villa Pini, protestano i dipendenti Occupata per ore la Regione

I lavoratori senza stipendio da mesi. Lunedì a Pescara l’incontro con la giunta.

PESCARA. «Quando la mattina ti senti dire da tua figlia che in casa non c’è più un soldo, ti si chiude il cuore e a cinquant’anni ti rendi conto di essere sconfitto». Giuseppe è uno dei dipendenti della clinica Villa Pini che ieri hanno occupato fino a sera la Regione. Insieme a lui ieri mattina erano più di duecento le persone che hanno occupato viale Bovio, all’altezza della sede pescarese della Regione Abruzzo, mentre altri occupavano gli uffici dell’assessore al lavoro Paolo Gatti in via Raffaello sollecitando un incontro immediato. Gatti però non si è fatto vivo e in un comunicato ha accusato di «inciviltà» i sindacati chiedendone le scuse («ma incivile è chi lascia senza stipendio i lavoratori», gli ha replicato il consigliere di Rifondazione Maurizio Acerbo).

Solo a sera grazie alla mediazione del questore Stefano Cecere che ha incontrato i sindacati Cisl e Cgil e i lavoratori, è stato fissato un incontro in Regione per lunedì alle 16 con Gatti e l’assessore alla sanità Lanfranco Venturoni. «Ora», dice il responsabile Cisl della sanità privata Davide Farina, «ci aspettiamo che lunedì vengano firmate le deleghe per i pagamenti». Da più di sei mesi, i 1300 lavoratori del gruppo Villa Pini continuano a prestare regolarmente servizio senza essere pagati. «Non ho più niente da perdere e la mia famiglia sta andando a rotoli, a questo punto vado fino in fondo e da qui non mi muovo». Paola è una madre sola che lavora come fisioterapista da 24 anni, e che ora tra il mutuo da pagare e il figlio più grande all’università a Roma, non riesce più a far fronte alle spese.

Accanto a Paola c’è Patrizia: «Questa situazione sta rovinando famiglie perbene, e i nostri figli sono i primi a pagarne le conseguenze». I racconti si susseguono, c’è chi ha perso insieme allo stipendio anche la custodia dei figli, chi come Anna si è venduta «tutto l’oro dei bambini, i regali della comunione», e c’è Loredana che ha un marito operaio e una ragazza all’Università: «Abbiamo perso la casa, e pensare che mancavano solo due anni di mutuo». «Ogni giorno viene lesa la nostra dignità» ribatte Antonella, psicologa. Qualcuno distribuisce i volantini in cui si leggono le richieste: il pagamento degli stipendi e un tavolo permanente a cui siano presenti i sindacati e l’assessore Venturoni. «In caso contrario siamo pronti a rimanere all’interno della Regione», «abbiamo i sacchi a pelo», «io non posso pagare le bollette e allora rimango qui», «mi hanno pignorato casa», «non riesco a guardare mia moglie che piange». E poi c’è Dante, fermo nel mezzo di viale Bovio, quasi sostenuto dalla bandiera che ha tra le mani: «A sessant’anni mi ritrovo a balbettare in mezzo alla strada, al freddo, che vergogna».