Borrelli: “Fermiamo i fomentatori delle guerre di religione”

Il commento dell’ex direttore del Tg1, oggi sindaco di Atessa: “La situazione è disperante. Oggi ci risvegliamo in un mondo sull’orlo dell’abisso”
ROMA. Ci eravamo illusi in Europa, dopo la fine della seconda guerra mondiale, di poter godere di una pace perpetua; ci risvegliamo in un mondo sull’orlo dell’abisso. Quello che di terribile sta accadendo a Gaza, in Ucraina, e in altre parti del pianeta, non ha precedenti nella storia contemporanea.
È stato il politologo statunitense Samuel Huntington a intuire, dopo la caduta del muro di Berlino, che divideva il mondo occidentale dall’est europeo e dall’Unione sovietica, che la storia non era finita, ma si sarebbe inerpicata lungo nuovi sentieri che conducono allo scontro (ovvero agli scontri) di civiltà. “The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order” (Lo Scontro delle Civiltà e la Nuova Costruzione dell’Ordine Mondiale”) è il titolo del suo celebre saggio degli anni Novanta del secolo scorso. Le divergenze culturali, i conflitti etnico-religiosi hanno preso il posto della contrapposizione ideologica Usa-Urss.
Dietro il criminale massacro di palestinesi a Gaza c’è la visione messianica di Netanyahu, e di gran parte del suo governo, del “grande Israele”, che va oltre i confini attuali. Il barbaro assalto dei terroristi di Hamas, del 7 ottobre di due anni fa, ha aperto la strada alla resa finale dei conti. Le correnti della destra al governo a Gerusalemme rintracciano nella Genesi il destino del loro Paese, pretendono ora che i territori palestinesi siano annessi a Israele e venga espulsa la popolazione che lì risiede.
La conquista dell’Ucraina da parte di Mosca è ispirata all’idea della grande madre Russia. È marginale il richiamo all’Unione sovietica anche se il capo della diplomazia di Putin si è presentato in Alaska, alla vigilia dell’incontro con Trump, indossando una maglietta bianca con la scritta Cccp (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). Oggi più che ai soviet, il Cremlino si affida alla chiesa ortodossa russa, ancorata alla Tradizione di quella terra. Putin, l’ex ateo dei servizi segreti sovietici, si mostra in pubblico come devoto praticante e Kyrill, il patriarca di Mosca, è il chierichetto dell’odierno regime. È in nome anche della fede ortodossa che si chiede ai russi di combattere per la madrepatria.
Gli stessi Stati Uniti d’America sono invasi da una ondata religiosa che si ricollega a correnti integraliste e reazionarie del protestantesimo anglosassone. Il Nuovo Continente, si sa, nasce con la Bibbia e con il fucile. Il presidente giura sui testi sacri e il nome di Dio è impresso sul dollaro americano. Oggi, però, è un’altra storia. La tradizionale ispirazione liberale, che sancisce la separazione tra Stato e Chiesa, sembra dimenticata. La sacerdotessa del capo della superpotenza planetaria, Paula White, la predicatrice che dice di aver visto Dio negli anni Ottanta, è a capo del neocostituito “ufficio della fede” della Casa Bianca e afferma che “opporsi a Trump equivale a opporsi al Padreterno”. Ci sono filoni evangelici e “cristiani rinati” convinti che l’America sia la nuova Gerusalemme. Senonché queste correnti, una volta espressione marginale della cultura religiosa statunitense, oggi hanno conquistato il potere a Washington.
Sono stati per primi i fondamentalisti islamici a richiamarsi, nella seconda metà dello scorso secolo, agli insegnamenti originari della loro religione e a combattere l’odiato Occidente (“corrotto e corruttore”) con attentati terroristici. Pensiamo solo all’attacco alle Torri Gemelle e a tutto ciò che lo ha preceduto e ne è seguìto. Nel nome di Allah hanno seminato morte e distruzione e hanno preteso di applicare, nelle terre da loro dominate, la sharìa, un insieme di regole dettate, tanti secoli fa, da Maometto a un popolo di pastori nomadi.
In un’epoca profondamente mutata rispetto al passato assistiamo, da qualche tempo, al ritorno delle “guerre di religione”, che hanno devastato l’Europa e altri continenti nei secoli trascorsi. Può sembrare assurdo, ma se non ci fermiamo ai fattori economici, che certamente hanno la loro importanza, scopriamo che lo scontro teorizzato da Huntington, molto contestato all’epoca della pubblicazione del suo saggio, sta esplodendo in tutta la sua veemenza.
Le correnti integraliste delle tre grandi religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo e Islam) stanno alimentando, direttamente o indirettamente, conflitti catastrofici. In un panorama così drammatico, la voce che più si distingue è quella del capo della chiesa cattolica. Papa Leone XIV, come i suoi predecessori, si fa sentire di continuo contro questa deriva e si appella alla pace nel nome della comune umanità degli abitanti di questo pianeta. Appare, purtroppo, come una voce autorevole, ma isolata, che grida nel deserto.
La situazione è disperante. Tocca agli uomini e alle donne, di qualsiasi tendenza politica, che non si rassegnano all’esistente e vogliono vivere in un mondo non guidato dagli integralismi religiosi, innalzare la bandiera della ragione, della pace e della giustizia. È un compito che spetta soprattutto a noi europei, vaccinati dalle tragedie di tante guerre. Le crociate, scatenate in nome di Dio, sono state una sciagura. Nella realtà attuale, in cui non si combatte più con le spade o con gli archibugi, bensì con armi micidiali, rischiamo Armageddon se non fermiamo molti dei governanti di oggi.
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