«New York ha scelto Zohran Mamdani, è la rivincita del sogno americano»: l'editoriale di Giovanna Botteri

La vittoria di questo trentaquattrenne musulmano, figlio di un’indiana e di un ugandese, è un segnale. Certo, la ruota gira senza posa. In alto non si resta eternamente, scriveva Bertold Brecht
NEW YORK. Perché New York ha scelto Zohran Mamdani, trentaquattrenne musulmano, figlio di un’indiana e di un ugandese, come suo sindaco? I giornali di tutto il mondo sono pieni di articolate spiegazioni e analisi sulla sua elezione, inattesa e assolutamente non scontata, visti i fallimenti ripetuti degli ultimi sondaggi. La vittoria di Mamdani rappresenta oggi per me, semplicemente, la rivincita del sogno americano.
Di chi crede ancora nell'ideale democratico di un paese costruito sul diritto alla felicità per tutti. Indipendentemente dal colore della pelle, dalla religione, dal genere o dall'appartenenza sociale. Era dagli anni '60 che un candidato non raccoglieva a New York tanti voti... due milioni, il doppio dell’ultimo sindaco eletto. Ci sono i bianchi liberal di Manhattan, i Neri e i Latinos di Brooklyn e del Bronx, i giovani di Bushwick e Williamsburg, i tassisti proletari della città, i proprietari dei negozietti sempre aperti, le bodegas, i riders e i muratori, i lavoratori asiatici del Queens. In molti alle urne per la prima volta, e per la prima volta con un voto ai democratici.
Perché? Mamdani ha “osato” un programma subito stigmatizzato come socialista, radicale, estremo... nidi, asili, assistenza medica gratuita per i bambini, autobus gratis, blocco degli affitti nelle case popolari. Di fronte si è trovato Andrew Cuomo, ex governatore dello stato di New York, e figlio di una figura iconica come Mario Cuomo, l’immigrato italiano che abolì la pena di morte nello stato. Sconfitto alle primarie democratiche, Cuomo si è presentato come indipendente, con una campagna decisamente di destra, mirata a convincere l’elettorato moderato, conservatore, e soprattutto la grande e decisiva comunità ebraica newyorkese del pericolo Mamdani.
Nelle ultime settimane, i ricchi donatori pro Cuomo, hanno intensificato attraverso i media la campagna diffamatoria contro Mamdani. Rappresentato come un nemico di Israele, un sostenitore pro Pal terrorista e pericoloso, una minaccia per ogni ebreo americano. Mamdani ha esultato dopo l’attacco jihadista alle Torri Gemelle, ha detto Cuomo a Fox News, guadagnandosi l’appoggio immediato di Donald Trump. Cuomo è così riuscito a schiacciare il terzo candidato, il repubblicano Curtis Sliwa, ma non è bastato. Zohan Mandani ha tranquillamente reagito spiegando che la campagna diffamatoria era diretta dai super ricchi che lui è deciso a tassare per realizzare il suo programma. Quella stessa élite che con il suo potere e i suoi privilegi impedisce a milioni di lavoratori newyorkési di avere una migliore qualità di vita. “Sounds socialist”, direbbe Trump.
Ma attenzione, Presidente, alza il volume per quello che abbiamo da dirti, risponde Mamdani. Perché dopo il voto a New York, in Virginia, nel New Jersey, perfino in Ohio, non sarà semplice zittire milioni di americani. Che già il 18 ottobre, per la prima volta dall’insediamento, hanno protestato contro Donald the King, in tutto il paese, sfidando rappresaglie, licenziamenti e la Guardia Nazionale. Anche Trump è stato votato con la promessa di una vita migliore. Ma con i prezzi che aumentano grazie ai dazi, la manodopera che manca dopo le deportazioni, e il Pentagono che diventa il ministero della guerra, gli americani sono scontenti. Ne devono tener conto adesso sia il Presidente che la stanca nomenkleatura democratica. Zohran Mamdani è il primo segnale. Certo, la ruota gira senza posa. In alto non si resta eternamente, scriveva Bertold Brecht.
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