L’editoriale

Regionali, sarà maratona

14 Ottobre 2025

L’editoriale del direttore: «Dopo le prime tre grandi partite della stagione e dopo la vittoria del centrosinistra in Toscana, è importante provare a capire cosa sta succedendo nell’arena incandescente della politica italiana»

Non sarà una finalissima lascia-o-raddoppia alla Jannik Sinner, ma piuttosto una estenuante maratona alla Dorando Pietri. Si vincerà all’ultimo minuto, all’ultimo centimetro, all’ultima goccia di lacrime e sangue.

Ecco perché, dopo le prime tre grandi partite della stagione e dopo la vittoria del centrosinistra in Toscana, è importante provare a capire cosa sta succedendo nell’arena incandescente della politica italiana. Immaginate dunque questi voti regionali, tutti in sequenza, non come una serie di episodi slegati tra di loro, ma come un unico campionato diviso in giornate, in cui ogni risultato regionale contribuisce a modificare una classifica nazionale in vista delle elezioni politiche. Perché il conto alla rovescia è già iniziato. Mancano solo due anni, al 2027, e il tempo dei partiti ha iniziato a volare intorno a questo calendario: in un pugno di giorni e mesi si voterà anche in Veneto, Campania, Puglia. I forzieri elettorali dei seggi e dei collegi vengono misurati, non più con la lente virtuale del sondaggio, ma con quella scientifica degli scrutini. Prima sentenza: il nostro è un Paese profondamente diviso.

Il voto orientato a sinistra in Toscana, e la vittoria schiacciante di Eugenio Giani (riconfermato con il 54%), è perfettamente speculare e opposto a quello della Calabria e delle Marche (orientate a destra). Questo saliscendi ci spiega, ancora una volta, gli straordinari paradossi della politica italiana: Giorgia Meloni e la sua coalizione hanno vinto le politiche del 2022 pur non avendo la maggioranza assoluta dei voti degli italiani, ma conquistando una maggioranza assoluta di seggi in Parlamento. Una maggioranza numerica, dunque, è diventata una maggioranza politica. Oggi potrebbe accadere il contrario: le opposizioni unite, pur perdendo voti, potrebbero ottenere più seggi, perché la loro coalizione diventa performante negli stessi collegi del sud in cui nel 2022 erano stati sbaragliati. Ecco perché la partita è apertissima: anche queste ultime elezioni ci restituiscono l’immagine di un Paese profondamente e ideologicamente diviso. Pochissime regioni in bilico (ad esempio le Marche) ma poco popolose. E molte regioni in cui la forchetta tra destra e sinistra è tale da non rendere contendibile il risultato: quindi, se la Toscana si conferma nettamente a sinistra, il Veneto e la Lombardia si collocano nettamente a destra, se la Campania e la Puglia sono nettamente a sinistra, il Piemonte e la Liguria si collocano a destra, se le Marche e Umbria si bilanciano una da una parte e una dall’altra (parlo solo delle regioni che stanno votando o voteranno a breve) alla fine la differenza chi la fa? Risposta: il sistema elettorale. Con questa legge elettorale, questo famigerato Rosatellum, voluta un’era geologica fa (era il 2017!) da Renzi, da Forza Italia e dalla Lega, per contenere l’avanzata del Movimento 5 stelle, e tenerlo in minoranza anche se fosse diventato (come accadde) il primo partito, si creò un congegno elettorale che favoriva su tutto il resto la coalizione che arrivava prima, garantendole attraverso i collegi maggioritari un super premio di maggioranza con cui governare. E siccome il centrodestra non aveva un candidato comune, si scelse un sistema senza indicazione diretta del presidente del Consiglio che lo favoriva (da sempre loro decidono nelle urne: prima Berlusconi, poi Salvini, infine la Meloni). Adesso, in meno di dieci anni, tutto è cambiato: Renzi guida un partito non più del 30% ma del 3%, Salvini era al 30% ed è crollato ieri al 4.4% (e ha appena ceduto la Lombardia a Fratelli d’Italia), Berlusconi ci ha lasciato con una successione ancora incerta. Ed eccoci così all’ultimo paradosso: nel momento in cui Giorgia Meloni si sente forte per il suo attivismo internazionale e per la sua leadership indiscussa sul centrodestra, scopre che la legge elettorale voluta dai suoi alleati quando erano forti (contro la sua volontà) potrebbe limitare i difetti del centrosinistra (non avere ancora un leader certo) ed esaltare il suo unico punto di forza: avere una coalizione più ampia in cui rispetto alle politiche sono entrati stabilmente sia il centro post-renziano (grande trionfatore in Toscana con Casa riformista all’8.8%), sia il Movimento 5 stelle in versione riveduta e corretta da Conte. Quindi, se volete capire chi arriva alla fine della Maratona ancora in piedi, non guardate chi arriva primo nella gara dei partiti. Cercate di capire – piuttosto – chi prende un voto in più nella gara delle coalizioni. Oppure non sorprendetevi. Se la Meloni poco prima del voto proverà a rottamare il Rosatellum.