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11 Febbraio

Oggi, ma nel 1986, a Platì, in provincia di Reggio Calabria, venivano uccisi, a colpi di roncola, Francesco Prestia, già sindaco, e la moglie, Domenica Di Girolamo, direttore dell'ufficio postale cittadino in pensione dalla fine del 1985. Erano sposati dal 1951 e lei, nata a Platì nel 1922, per la sua attività nell'amministrazione delle Poste era stata insignita del titolo di cavaliere del lavoro proprio in concomitanza del pensionamento. L'agguato mortale avveniva, simulando una rapina finita nel sangue, nella tabaccheria di proprietà dell'ex primo cittadino, posta sotto la sua abitazione dove sopra la figlia Francesca, di 22 anni, stava studiando. Prestia (nella foto, insieme alla consorte), esponente del partito comunista italiano, originario di Saline Montebello Jonico, classe 1920, era stato seduto sullo scranno più alto del municipio già dal 1948, eletto nella prima tornata elettorale dell'Italia repubblicana. A 26 anni, infatti, aveva preso il posto del dimissionario maresciallo dei carabinieri anti 'ndrangheta Giuseppe Delfino, detto Massaru Peppì, che subito dopo la convalida del voto aveva presentato la sua domanda di rinuncia all'incarico, diventando il primo amministratore civico più giovane della nazione appena uscita dal secondo conflitto mondiale. Poi era stato in politica, alternando anche il ruolo di vicesindaco, con il comunista ed ex parlamentare del Pci Francesco Catanzariti, fino al 1975, quando era stato battuto nel confronto elettorale dal democristiano Domenico De Maio, poi assassinato il 27 marzo 1985. I due probabili sicari, Rocco Marando e Antonio Barbaro, verranno rimessi in libertà e il duplice omicidio, sul quale rimarrà sempre l'ipotesi dell'esecuzione voluta dalla criminalità organizzata dell'Aspromonte, non avrà un colpevole certo assicurato alla giustizia. Il 9 aprile 2017, a San Vito di Gaggiano, verrà apposta la targa commemorativa delle due vittime su uno degli alberi del bosco dei cento passi.

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