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11 GIUGNO

Oggi, ma nel 1980, a Nicotera, in provincia di Vibo Valentia, la ‘ndrangheta assassinava, a colpi di fucile, Giuseppe “Peppe” Valarioti, di 30 anni, di Rosarno, insegnante di lettere al locale liceo scientifico “Raffaele Piria”, segretario cittadino del Partito comunista, consigliere comunale. L'omicidio era, verosimilmente, scaturito dalla sua linea dura contro le cosche. Soprattutto per la campagna di moralizzazione messa in atto attraverso la cooperativa agricola Rinascita, diretta emanazione del partito, con mille soci. Decisiva, inoltre, era stata la propaganda contro le organizzazioni criminali attuata in vista delle elezioni amministrative dell’8 e 9 giugno precedenti.

La linea impostata da Valarioti, soprattutto nei confronti del boss Giuseppe Pesce, di 57 anni, che si trovava al soggiorno obbligato all’Aquila, ma che governava ugualmente gli affari illeciti nel comprensorio, aveva dato risultati. Aumentando del 4 per cento i consensi raccolti nelle urne per il Pci di zona in un contesto che vedeva le preferenze ripartite per lo più tra socialisti e democristiani. E infatti l’agguato costato la vita a Valarioti avveniva al termine della cena di ringraziamento per il risultato elettorale raggiunto al ristorante La pergola.

Ma avvertimenti erano già stati indirizzati verso il giovane segretario comunista. Il 24 maggio precedente, infatti, era stata incendiata la sede del Pci di Rosarno e pure data alle fiamme l’auto del consigliere comunale Giuseppe Lavorato. L’11 giugno 1980, a tentare i primi soccorsi era proprio Lavorato, futuro deputato Pds dal 1987 al 1992 e poi sindaco di Rosarno dal 1994 al 2003, tra le cui braccia si accasciava Valarioti, centrato da 9 pallettoni al torace. A sparare sarebbe stato, presumibilmente, Francesco Dominello, su mandato di Pesce. Quest'ultimo verrà arrestato, l’1 novembre 1980, ma poi rilasciato.

E il delitto rimarrà impunito. Ma verrà appurato come alla base dell’attacco mortale nei confronti di Valarioti ci fosse proprio il racket degli agrumi e il tentativo di bonificare la cooperativa Rinascita dall’infiltrazione malavitosa. Dettagli che usciranno fuori grazie all’intervento della fidanzata di Valarioti, Carmela Ferro, depositaria degli appunti della vittima. La vicenda di Valarioti, per certi versi considerato il Peppino Impastato calabrese, verrà raccontata anche nel libro, scritto da Rocco Lentini, intitolato "L’utopia di un intellettuale", pubblicato da Città del sole edizioni, di Reggio Calabria, nel 2020.