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12 Maggio

Oggi, ma nel 1980, a Mestre di Venezia, in via Comelico, dove aveva casa, le Brigate rosse uccidevano il vicequestore aggiunto della Polizia di Stato Alfredo Albanese (nella foto), originario di Trani, classe 1947, responsabile della sezione veneziana antiterrorismo. Aveva provato a difendersi con la pistola d'ordinanza, ma era stato crivellato di colpi ed era poi morto durante il trasporto in ambulanza al policlinico Umberto I. Aveva 33 anni e lasciava la moglie, Teresa Friggione, che aspettava un bimbo, che verrà poi chiamato proprio Alfredo e diverrà ingegnere e che, insieme alla madre, si occuperà di tenere vivo, nelle scuole e nelle commemorazioni pubbliche, il ricordo per l'estremo sacrificio compiuto dal padre. La vittima, che era nella Pubblica sicurezza dal 1975, stava indagando sull'omicidio, avvenuto sempre da parte dell'organizzazione terroristica di estrema sinistra con la stella a cinque punte, di Sergio Gori, vicedirettore del Petrolchimico di Marghera della Montedison, fatto fuori, sempre a Mestre, in viale Giuseppe Garibaldi, dove abitava, il 29 gennaio precedente, per il suo ruolo di vertice nella cosiddetta fabbrica dei veleni e della morte, secondo la considerazione della sinistra extraparlamentare e dell'area dell'autonomia operaia. Albanese era stato giustiziato proprio perché ostinato a scovare i colpevoli dell'agguato mortale a Gori. Verranno condannati, come esecutori materiali e come persone comunque collegate al delitto Albanese e alla scoperta dei due covi brigatisti, di Jesolo e di Udine: all'ergastolo Marco Fasoli, Nadia Ponti, Marinella Ventura, Vincenzo Guagliardo; a 16 anni e 6 mesi Emanuela Bugitti; a 16 Massimo Gidoni; a 13 anni e 7 mesi Marina Bono; a 16 Vittorio Oliviero, Mario Moretti e Michele Galati; a 5 Sandro Galletta; a 4 Andrea Varisco. L'8 maggio 1981 Albanese verrà insignito della medaglia d'oro al valor civile alla memoria. E il 29 marzo 2013 gli verrà assegnata, sempre postuma, anche la medaglia d'oro di vittima del terrorismo.

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