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13 agosto

Oggi, ma nel 1935, a Molare, in provincia di Alessandria, esondava il lago artificiale di Ortiglieto, lungo 5 chilometri e largo 400 metri, a causa delle forti precipitazioni, di 40 centimetri, cadute nelle 8 ore precedenti.

Tecnicamente accadeva questo: nonostante la fuoriuscita d'acqua, la diga maggiore, quella che preoccupava di più i tecnici, reggeva per la robustezza del terreno sottostante e per il muraglione in calcestruzzo. Lo stesso non succedeva con lo sbarramento secondario (nella foto), quello della sella Zerbino, ultimato nel 1925, come il resto dell'impianto. Così il lago a forma di C cadeva riversando nel fiume Orba, già in piena, il fronte d'acqua fangosa largo due chilometri, alto venti metri e della portata di 30 milioni di metri cubi.

Non era neanche lontanamente paragonabile a quello che accadrà, il 9 ottobre 1963, alla diga del Vajont, con conseguenze che saranno quantificabili, tra l'altro, in 1917 cadaveri. A Molare, inoltre, la marea di fango e detriti, riportava alla mente il disastro del Gleno - quello occorso tra la Valle di Scalve e la Val Camonica, l'1 dicembre 1923, da 356 morti - spazzava case e borgate e uccideva 111 persone.

Il 16 agosto successivo il re sabaudo Vittorio Emanuele III visiterà ufficialmente la zona colpita dalla sciagura. Ma nonostante questo, il Partito nazionale fascista, col segretario Achille Starace, che pure parteciperà ai funerali delle vittime, cercherà di minimizzare l'evento tentando di smorzare il risalto mediatico. Il governo, guidato da Benito Mussolini, nei quattro anni successivi, curerà la ricostruzione delle strutture abitative distrutte.

Il processo coinvolgerà dodici dipendenti dell'Oeg, le Officine elettriche genovesi, la compagnia titolare dell'impianto e della diga. Il 4 luglio 1938 la corte d'appello di Torino assolverà tutti i dodici imputati, tra ingegneri, dirigenti e direttori, stabilendo che l'impianto fosse stato edificato, benché in un contesto al limite della legalità, comunque senza violare alcuna legge del tempo. L'eccezionalità della pioggia del 13 agosto 1935 avrebbe reso inutile anche il funzionamento degli scaricatori, intasati dalla melma. Ai familiari delle vittime verrà recapitato, dallo Stato, l'indennizzo di 30mila lire.