14 AGOSTO

14 Agosto 2023

Oggi, ma nel 1861, a Pontelandolfo e a Casalduni, in provincia di Benevento, si consumava la rappresaglia del regio Esercito italiano, comandato dal generale Enrico Cialdini. I bersaglieri fucilavano i civili, seviziavano e stupravano le donne, dopo aver stanato la popolazione incendiando le abitazioni. Incaricati dell’operazione (nella foto, particolare, una delle iconografie degli avvenimenti) erano il colonnello Pier Eleonoro Negri, già medaglia d’oro al valor militare, dall’1 giugno di quel 1861, per la ricognizione del Garigliano, del 29 ottobre 1860, e il maggiore Carlo Melegari, entrambi fanti piumati. Erano alla testa di due reparti della divisione guidata dal generale Maurizio Gerbaix De Sonnaz.

Le vittime erano 13: 11 maschi e 2 femmine. Il controverso evento del 14 agosto 1861 rimarrà negli annali, non solo del neo unificato regno del sovrano sabaudo Vittorio Emanuele II, ma anche della successiva epopea repubblicana. Il 14 agosto 2011, un secolo e mezzo dopo quello sciagurato avvenimento, Giuliano Amato, in qualità di presidente del Comitato per le celebrazioni del 150° anniversario dell’unificazione nazionale, quale delegato del capo dello Stato Giorgio Napolitano, porgerà ufficialmente le scuse della Repubblica con una lettera al sindaco di Ponteladolfo, Cosimo Testa.

Prima del 14 agosto 1861, il 7, sempre a Pontelandolfo e Casalduni, vi era stata la sommossa popolare di protesta alla proclamazione del regno d’Italia da parte degli ex sudditi del regno delle due Sicilie, coadiuvati dai reazionari. Ossia da coloro che avevano già militato nel disciolto esercito borbonico. Fondamentalmente era stata una manifestazione d’odio verso i piemontesi. Particolare ruolo aveva avuto il brigante Cosimo Giordano, originario di Cerreto Sannita, classe 1839, già sergente di sua maestà Francesco II di Borbone. La sua figura era collegata alla mattanza di 40 soldati del regio Esercito italiano e di 4 carabinieri reali, che aveva poi scatenato la reazione di Cialdini. Prima dell’assalto del 14, infatti, c’era stata pure la ricognizione militare che aveva visto alla testa della spedizione il luogotenente Cesare Augusto Bracci, con 40 armati della Guardia nazionale italiana, corpo inquadrato nel regio Esercito e concepito prevalentemente per la repressione del brigantaggio post-unitario, e di 4 rappresentanti dell’Arma. Lo stesso Bracci aveva avuto sorte orribile. Era stato catturato, torturato per 8 ore, lapidato a morte, decapitato e la testa era stata infilzata sulla croce della chiesa di Pontelandolfo come monito.