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15 dicembre

Oggi, ma nel 1995, a Lussemburgo, nell'omonimo Stato, la Corte europea di giustizia emanava la sentenza sul caso del ricorso presentato dal calciatore belga Jean-Marc Bosman (nella foto al centro tra due legali il giorno del verdetto che rivoluzionava il mondo del pallone).

Il centrocampista, classe 1964, di Liegi, si era rivolto al massimo organo di giustizia dell'Europa facendo riferimento all'articolo 39 dei Trattati di Roma, istitutivi della Comunità europea, siglati nella capitale italiana, il 25 marzo 1957, dagli alti rappresentanti di Italia, Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Olanda, ed entrati in vigore l'1 gennaio 1958. Bosman si era trovato nella situazione di essere in forza al Royal football Liegi, benché con contratto scaduto a fine giugno 1990 ed essere stato posto fuori rosa dei titolari, e non potersi trasferire nella squadra francese del Dunkerque perché quest'ultima non poteva pagare all'Rfc Liegi la penale necessaria per svincolare il cartellino dell'atleta.

La sentenza, considerando i calciatori alla stessa stregua di qualsiasi altro lavoratore comunitario, stabiliva il diritto alla libera circolazione, gratuita e senza penalità, alla scadenza contrattuale, nelle federazioni e nelle compagini sportive appartenenti all'Ue. Dopo la sentenza Bosman - che aveva esordito in prima squadra nello Standard Liegi, nel 1983, dopo essere cresciuto calcisticamente nel reparto giovanile dello stesso club - faticherà a trovare un ingaggio da professionista e, al termine della stagione agonistica 1996, sarà costretto al ritiro. Questa situazione lo farà precipitare in una spirale di depressione ed abuso di alcool, con conseguenti problemi con la giustizia belga per maltrattamenti familiari e nel 2015 gli verrà anche sospeso il vitalizio statale da 700 euro mensili.