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15 Gennaio

Oggi, ma nel 1925, a Bari, in porto, la nave Eridano, della regia Marina militare italiana, già Tevere e precedentemente ex mercantile britannico Edinburgh, data in gestione all’Opera nazionale del patronato, veniva ceduta al Comune che istituirà a bordo corsi di scuola elementare e di specializzazione marinara a favore dei figli dei pescatori e dei trovatelli. L'imbarcazione, che era la più grande delle 33 navi asilo italiane, realtà antenate degli istituti superiori nautici, raccoglierà bambini dall'infanzia sfortunata provenienti da tutto il basso Adriatico. La Eridano, che aveva raccolto il nome del glorioso brigantino appartenuto alla Marina del regno di Sardegna inviato in Crimea nel 1855-1856 durante il conflitto, era stata radiata, nel 1907, ed era stata mantenuta in servizio fino alla fine della prima guerra mondiale come deposito. Le navi-asilo, una sorta di collegio galleggiante, che verranno successivamente denominate navi scuola marinaretti, erano un fenomeno di necessità, in quel momento storico, che traeva origine dalle unità di addestramento inglesi del 1786, sperimentate sul Tamigi, che, dopo essere state riadattate, provvedevano al ricovero e all’educazione degli orfani dei marinai e dei pescatori britannici. Il primo esperimento del genere nel Belpaese era avvenuto sulla scuola-officina per discoli (nella foto, marinaretti in addestramento sulla Garaventa), fondata da Nicolò Garaventa, a Genova, attiva dal 1883 al 1977. Nel 1904 era stata allestita a Venezia, da David ed Elvira Levi-Morenos, la nave-asilo Scilla, concessa dalla regia Marina alla Società regionale di pesca ed acquicoltura dell’alto Adriatico, funzionante come scuola di pesca per gli orfani dei pescatori del Mare nostrum affinché, fino al 1972, potessero ricevere un’istruzione elementare e professionale ad indirizzo nautico. Nel 1911 lo Stato italiano aveva donato a Napoli la Caracciolo, unità deputata ad accogliere e ad istruire gli orfani dei marinai e gli scugnizzi. Così, tra il 1913 e il 1928, il capoluogo campano era stato il fulcro del progetto pedagogico nazionale, diretto da Giulia Civita Franceschi, adatto al recupero e all’integrazione dei minori a rischio di delinquenza. Nel 1911 era stata anche emanata la prima legge italiana che aveva disciplinato la materia e aveva istituito la già menzionata Opera nazionale di patronato per le navi asilo. Col fascismo al governo le navi scuola erano poi entrate a far parte dell’Opera nazionale Balilla, assumendo una connotazione politica oltre che educativa. Il personale direttivo presente a bordo veniva scelto tra gli ufficiali decorati della regia Marina giunti a fine carriera ed il personale subalterno era selezionato attingendo sia dalle schiere dei militari di truppa congedati che tra gli invalidi di guerra, pronti a portare ai giovani, tra gli 8 e i 15 anni, non solo il loro bagaglio di esperienza tecnica, ma anche il loro esempio umano di ex combattenti formatisi tra le onde.

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