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16 ottobre

Oggi, ma nel 1945, a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, veniva messo a segno l’agguato mortale di Contrada Apa, da parte della banda criminale capeggiata, dal 1943, da Rosario Avila, detto Canaluni. Quest’ultimo, spalleggiato da Salvatore Rizzo, uccideva tre carabinieri: Michele Di Miceli, che aveva il grado di appuntato, Rosario Pagano e Mario Paoletti, che erano carabinieri semplici. Nella stessa circostanza altri quattro militari dell’Arma rimanevano feriti: Santo Garufi, Rosario Gialverde, Giuseppe Gallo e Nicola Magro.

Tutti e sette appartenevano al nucleo operativo di Niscemi ed erano in servizio di pattugliamento intorno ad una masseria della zona che risultava sospetta. Venivano raggiunti da colpi di fucile e bombe a mano. Avila, che appoggiava il movimento separatista siciliano, aveva giurato guerra ai rappresentanti delle forze dell’ordine. Particolarmente ai carabinieri. La vicenda verrà raccontata da Giuseppe D’Alessandro nel volume intitolato “La banda dei niscemesi”, pubblicato, in proprio, nel 2019. Avila, originario di Niscemi, classe 1899, era verosimilmente in contatto con il bandito Salvatore Giuliano (insieme nel particolare della foto segnaletica), di Montelepre di Palermo, del 1922. Il 18 febbraio 1946, per cercare di rompere l’impenetrabile muro di omertà che permetteva ad Avila di non essere assicurato alla giustizia, il ministero dell’Interno, attraverso la regia prefettura di Palermo, porrà la taglia sulla testa del malvivente, di 500mila lire. Una cifra notevole per allora. Contemporaneamente anche su Giuliano verrà assegnata la ricompensa di 800mila che sarebbe stata consegnata a chiunque avesse aiutato lo Stato a catturarlo, anche rimanendo anonimo. Non servirà.

Il 26 gennaio 1946, sempre Avila, si macchierà di un’altra azione delittuosa di grande ferocia. Ancora contro carabinieri. A Feudo Nobile, contrada di Gela, ugualmente in quel di Caltanissetta, dove c’era una piccola caserma dei carabinieri, posta in quel punto proprio per presidiare il territorio difficile da gestire, rapirà: Fiorentino Bonfiglio, Vincenzo Amenduni, Emanuele Greco, Mario Boscone, Giovanni La Brocca, Vittorio Levico, Pietro Loria, Mario Spampinato. Dopo la iniziale proposta di liberare gli otto carabinieri, in cambio della scarcerazione del capo dell’Esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia, Concetto Gallo, di Catania, del 1913, che sarà anche l’ultimo comandante dell’Evis prima di essere eletto deputato dell’Assemblea costituente nelle file del Movimento per l’indipendenza della Sicilia, il 29 gennaio successivo, gli otto malcapitati militari verranno giustiziati.

I loro corpi senza vita verranno ritrovati, nudi, in contrada Bubonia di Mazzarino, sempre in provincia di Caltanissetta, scaraventati in una buca, profonda 15 metri e larga 3, che era stata precedentemente utilizzata per l’estrazione dello zolfo.