TODAY

17 APRILE

Oggi, ma nel 1967, a Napoli, si teneva il funerale di Totò, morto, a 69 anni, d’infarto, due giorni prima, il 15 aprile, a Roma, nella sua abitazione di via Monte Parioli. Partecipavano al rito funebre 250mila persone, così tante che si registravano anche dei feriti. La bara attraversava la città partenopea, dove il principe della risata era nato nel 1898, scortata da 30 vetture. Le serrande dei negozi erano abbassate in segno di lutto e le attività sospese, dalle 16 alle 18,30, per rispetto verso il passaggio del feretro di colui che tanto lustro era stato capace di conferire alla napoletanità. Il corteo era diretto verso il cimitero di Santa Maria del pianto per la sepoltura. Con la sua poesia “A livella”, composta nel 1964, incisa sulla lapide di marmo della cappella di famiglia. Per arrivare a destinazione il furgone con a bordo i resti mortali impiegava due ore.

L’orazione funebre era affidata al comico napoletano Antonio “Nino” Taranto che ribadiva come Totò fosse stato uno dei figli migliori di Napoli, in grado, col suo cinema e col suo teatro, si scrollare quella malinconia che avvolgeva da sempre la città. Il 13 aprile, a Roma, Totò aveva preso parte al suo ultimo film, intitolato "Il padre di famiglia", del regista Nanni Loy, con Nino Manfredi (nella foto, particolare, proprio sul set, nella scena di un funerale allestito davanti alla chiesa di Santa Maria alle fornaci), nel ruolo dell’anarchico Romeo. Personaggio che sarà poi rimpiazzato da Ugo Tognazzi. Nella Capitale, nella chiesa di Sant’Eugenio, prima che la bara venisse trasportata all’ombra del Vesuvio, al mattino dello stesso 17 aprile, c’era stata già una prima cerimonia, benché minore, con 2mila estimatori che avevano voluto rendere l’ultimo saluto al maestro della commedia tricolore.

Il 22 maggio successivo, sempre a Napoli, nel rione Sanità, considerato il fulcro della “guapperia” cittadina, dove Antonio De Curtis aveva emesso i primi vagiti, ci sarà il terzo rito d’addio, nella chiesa di San Vincenzo. Voluto da Luigi Campoluongo, detto “Nase ‘e cane”, in accordo con la figlia del defunto, Liliana De Curtis, con la bara vuota, essendo il corpo già stato inumato. Il rituale era stato organizzato proprio per marcare l’ennesimo legame tra quella zona e il celebre attore. E pensare che lo stesso Totò, prima di esalare l’ultimo respiro, avesse espresso il desiderio di congedarsi dalla vita terrena nel modo più semplice possibile, con poche formalità che non costassero più di 120mila lire, come lasciato detto e pagato al cugino facente funzione di segretario Eduardo Clemente.