17 dicembre

Oggi, ma nel 1860, a Torino, con regio decreto numero 4504 del 17 dicembre 1860 veniva dichiarata chiusa la VII legislatura, iniziata il 2 aprile precedente, e la Camera dei deputati del regno di Sardegna, presieduta da Giovanni Lanza e composta da 387 onorevoli convocati per 73 sedute, veniva sciolta per consentire l’indizione delle elezioni dei primi rappresentanti del regno d’Italia. Era la fine di un’epoca (nella foto, particolare, il dipinto, a tempera su carta montata su tela, di 56,5 x 71 centimetri, di Carlo Bossoli da Lugano, intitolato “Re Vittorio Emanuele II, il conte di Cavour, i ministri e la corte discendono lo scalone imperiale di Palazzo Madama dopo l’inaugurazione della V legislatura subalpina, 1853”, conservato nel Museo nazionale del Risorgimento del capoluogo piemontese) per il Belpaese.
Le consultazioni si terranno il 27 gennaio 1861, con 443 circoscrizioni elettorali, per i soli maschi, di almeno 25 anni, in grado di leggere e di scrivere. Su 418.700 aventi diritto ad esprimere il consenso si esprimeranno 239.600, che eleggeranno 443 deputati. L’VIII legislatura comincerà il 18 febbraio 1861, a Palazzo Carignano, col discorso della corona, scritto da Cavour e letto dal “Re galantuomo”, a camere riunite, preludio al quarto governo cavouriano. La legislatura si concluderà il 7 settembre 1865, con regio decreto 2462 del 7 settembre 1865, a Firenze, che nel frattempo sarà divenuta capitale regia dal 3 febbraio 1865.
Il primo presidente della Camera sarà Urbano Rattazzi, che verrà nominato il 7 marzo 1861 e che lascerà poi l’incarico a Sebastiano Tecchio, per andare a ricoprire il ruolo di presidente del Consiglio dei ministri. Come ebbe a dire l’esponente della Sinistra storica Ferdinando Petruccelli Della Gattina da Moliterno, in quel di Potenza, in “I moribondi del Palazzo Carignano”, volume del 1862 che uscirà per i tipi dell’editore milanese Fortunato Perelli: «In quel parlamento vi era di tutto, eccetto il popolo!».
Deputati abruzzesi erano: Giuseppe Pica, di Aquila, i fratelli Silvio e Bertrando Spaventa, rispettivamente nei collegi di Vasto e di Atessa, Pompeo Salvatore e Nicolò Melchiorre, ancora di Atessa, Giuseppe Devincenzi di Atri, Mariano D’Ayala, di Avezzano, Luigi Carlo Farini e Giovanni De Sanctis, di Chieti, Salvatore Tommasi e Giuseppe Govone, di Cittaducale, Francesco De Blasiis, di Città Sant’Angelo, Donato Cocco, di Gessopalena, Carlo Aquaviva d’Aragona, di Giulianova, Giuseppe Vergili e Angelo Camerini, di Lanciano, Angelo Camillo De Meis e Raffaele Lanciano, di Manoppello, Clemente De Cesaris, Antonio De Caesaris, Vittorio Sacchi, Giovanni Prati, di Penne, Luigi Dragonetti ed Emidio Cappelli, di San Demetrio né Vestini, Pier Silvestro Leopardi, di Sulmona, Nicola Urbani, Ambrogio Longoni, di Teano. Il Senato, invece, come già nel regno di Sardegna, anche dopo l'unificazione nazionale seguiterà ad essere composto da elementi non scelti nel segreto dell’urna, ma di nomina regia.
