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17 gennaio

Oggi, ma nel 1950, a Bologna, in via Petronio Vecchio, gli agenti di polizia Giuseppe Tesoro e Giancarlo Tonelli arrestavano in casa, durante un controllo di routine, Paolo Casaroli, capo della banda criminale col suo cognome che aveva portato nel Belpaese le grandi rapine in banca effettuate alla maniera dei gangster americani.

Nella sparatoria veniva ferito il malvivente Romano Ranuzzi, del 1927, ex partigiano, che poi si finiva con un colpo di pistola alla testa. Daniele Farris, del 1927, altro bandito, già nella brigata nera mobile Attilio Pappalardo, si suicidava sparandosi al cuore per non essere acciuffato e perché credeva che anche Casaroli fosse morto nel conflitto a fuoco. Quest'ultimo, bolognese, classe 1925, era un ex marò della Xª Mas del principe nero Junio Valerio Borghese. Casaroli, Ranuzzi e Farris si erano conosciuti prima di allearsi, durante la prigionia nel penitenziario bolognese di San Giovanni al Monte. Tra i fiancheggiatori dei tre figuravano Giovanni De Lucca e Lorenzo Ansaloni. I colpi messi a segno in quel 1950 erano: il 3 ottobre, a Binasco, in provincia di Milano, alla sede locale della Cassa di risparmio delle province lombarde, con bottino da 600mila lire; il 9 ottobre, alla filiale di Ca’ de Pitta di Genova, sottraendo 6 milioni di lire; il 23 novembre, all’agenzia 8 della Cassa di risparmio di Torino, intascando 900mila lire; il 15 dicembre, all’agenzia numero 3 del Banco di Sicilia, a Roma, ma senza successo. Nel mezzo e fino all'epilogo la combriccola si era lasciata alle spalle una scia di sangue.

Tutta la parabola dell’attività fuorilegge della banda Casaroli verrà eternata nella pellicola, del 1962, del regista Florestano Vancini, con l’attore Renato Salvatori nel ruolo di Casaroli e la partecipazione del cubano Tomás Rodriguez “Milian” prima del successo come “Er monnezza”. Il 4 luglio 1952 inizierà il processo di primo grado contro Casaroli (nella foto, particolare, alla sbarra degli imputati con atteggiamento spavaldo nei confronti dei giudici), che più dei comprimari sarà il protagonista indiscusso della cronaca nera del Belpaese degli anni ’50. Il 30 luglio 1952 verrà condannato all’ergastolo, in primo grado, e poi, in via definitiva, la pena sarà confermata dalla Corta di cassazione, il 30 giugno 1954. Ma di fatto rimarrà in carcere, a Porto Azzurro, sull'Isola d'Elba, fino all’1 marzo 1979. Poi morirà nell’ospedale Sant’Orsola di Bologna la notte di capodanno 1993, a 67 anni, per complicazione cardiaca della quale soffriva da tempo. Delle gesta del sodalizio di furfanti -che anticipava la banda di Pietro Cavallero e Sante Notarnicola di Torino, quella di Renato Vallanzasca e Francis Turatello di Milano e quella della Magliana di Franco Giuseppucci e Enrico “Renatino” De Pedis dell’Urbe- tratterà il volume di Claudio Bolognini, “Mani in alto. Il romanzo della banda Casaroli”, che verrà pubblicato da Imprimatur editore, di Reggio Emilia, nel 2013.