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18 agosto

Oggi, ma nel 1946, a Pola, sulla spiaggia di Vergarolla, si verificava quella che in croato passerà alla storia come Eksplozija na Vergaroli. Ignoti, presumibilmente filo-slavi, con a capo Giuseppe Kovacich, in qualità di agente dell'organizzazione Ozna, il servizio segreto jugoslavo, facevano esplodere ordigni navali che causavano 65 morti.

Nel dettaglio, si sarebbero dovute tenere quel giorno le abituali gare natatorie per la assegnazione della Coppa Scarioni, fondata nel 1913, organizzate dalla società dei canottieri "Pietas Julia" e riservate soprattutto ai giovani. La manifestazione, dato il contesto geopolitico, aveva assunto l'intento di mantenere viva la connessione con l'Italia. E il quotidiano cittadino, in lingua italiana, L'Arena di Pola, aveva reclamizzato l'evento come imprescindibile manifestazione di sentimento patriottico italiano.

La riviera era gremita di bagnanti, tra i quali anche donne e bambini. Ai bordi dell'arenile erano state incautamente accatastate 28 mine anti-sbarco, residuato della seconda guerra mondiale, per un totale di 9 tonnellate di tritolo, ritenute però inerti dopo l'asportazione dei detonatori. In quel periodo il possesso dell'Istria era rivendicato dalla Jugoslavia di Tito, che l'aveva occupata fin dal maggio 1945. Pola, invece, era amministrata, per conto degli angloamericani, dalle truppe britanniche, ed era quindi l'unica parte della penisola al di fuori del controllo jugoslavo. Pola era una enclave appartenente alla cosiddetta zona A, circondata dalla B, controllata dai titini, ma era comunque una città prevalentemente popolata da italiani. Forte era il senso di appartenenza. Alcuni dei martiri, non dilaniati direttamente dalla carica, rimanevano comunque schiacciati dal crollo dell'edificio della sede storica della "Pietas Julia" (nella foto particolare col capannone usato come rimessaggio delle imbarcazioni, letteralmente saltato in aria). I feriti venivano trasportati, spesso in fin di vita, nell'ospedale cittadino Santorio Santorio, dove, nell'opera di assistenza medica, si adoperava soprattutto il dottor Geppino Micheletti, vero eroe della giornata, che nonostante avesse perso nello scoppio i figli Carlo e Renzo, di 9 e 6 anni, il fratello e la cognata, per 24 ore consecutive non lascerà il posto di primo soccorso.

Lo storico Gaetano Dato, che per primo studierà l'accadimento di quel 18 agosto '46, nel saggio "Vergarolla, 18 agosto 1946. Gli enigmi di una strage tra conflitto mondiale e guerra fredda", pubblicato, a Gorizia, dalla Libreria editrice goriziana, nel 2014, porterà il movente dell'attentato nel contesto più ampio della transizione fra secondo conflitto mondiale e guerra fredda. In particolare, facendo leva sulla documentazione americana, inglese e italiana, sosterrà che l'Italia avesse tenuto aperta, fino all'agosto di quel 1946, l'opzione militare per contrastare l'espansionismo jugoslavo. Anche perché ingenti quantitativi di armi arrivavano in Istria, proprio attraverso il corridoio di Pola e la strage sarebbe stata organizzata proprio per contrastare tale resistenza.