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22 Ottobre

Oggi, ma nel 1999, a Genova, nell'abitato di Begato, in via Hector Berlioz, Stefano Diamante (nella foto, all'uscita dalla casa circondariale del capoluogo ligure), di 24 anni, uccideva sul balcone di casa sua, al quarto piano, con quattro coltellate alla schiena e al torace, la madre Silvana Petrucci, di 50 anni, insegnante di matematica e preside della scuola media di Campomorone. Prima di finire la donna, che aveva invano tentato di attirare l'attenzione dei vicini urlando, il ragazzo l'aveva tramortita nel letto con una mazzetta da muratore. Poi ad esecuzione compiuta aveva lanciato le due armi nel fossato antistante l'appartamento, dove verranno ritrovate dalle forze dell'ordine, quindi aveva chiamato la polizia denunciamdo una rapina finita nel sangue. L'omicidio avveniva perché, stando a quanto fatto credere alla madre, il giorno successivo il figlio-killer avrebbe dovuto discutere la tesi necessaria a conseguire la laurea in Informatica all'università genovese, mentre in realtà era indietro con gli esami e da due anni non studiava più. La sera precedente il delitto, il ragazzo l'aveva trascorsa in discoteca e pare avesse consumato cocaina. La donna, che prima di mettersi a dormire aveva lasciato sul comodino del figlio il regalo per la laurea, viveva sola con il ragazzo ed era separata dall'ex marito, Giancarlo Diamante, medico del lavoro, classe 1947. Il 23 marzo 2001, Stefano verrà assolto in primo grado, perché la perizia psichiatrica degli esperti Romolo Rossi, Umberto Gatti e Gianluigi Rocco, lo aveva dichiarato incapace di intendere e di volere al momento dell'agguato mortale. Il 23 gennaio 2002, invece, la sentenza d'appello lo condannerà a 30 anni di carcere. La pena verrà confermata, il 28 maggio 2003, dalla Cassazione.

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