25 dicembre

Oggi, ma nel 1991, nel quartiere Lambrate di Milano, in via Tolmezzo, nella notte di Natale, a casa dell’amica del cuore Marina Di Vito, durante la festa anche a base di alcool ed eroina, Anna Dinarello, di 35 anni, originaria di Venezia, veniva ammazzata di botte dal convivente Gaspare Chlubeck, di 41, e dall’amante Bruno Gioia, di 33, mentre la figlia Natasha, di 6 anni, detta “Sasha”, giocava in un’altra stanza con altri bambini. La piccola verrà ritrovata, a capodanno, infreddolita, alla stazione della metropolitana di Cascina Gobba, abbandonata dal supposto padre, Chlubeck, proveniente da Hannover in Germania, che però non l’aveva mai riconosciuta come figlia.
Eppure, verosimilmente, si sarebbe opposto al tentativo della Dinarello di andarsene via con la bambina rifiutandosi di “battere” ancora e smettendola con la polvere bianca. Il 30 dicembre la Di Vito si consegnerà agli agenti di Polizia e racconterà della mattanza. La Dinarello era ubriaca e urlava contro Chlubeck che la costringeva a prostituirsi e ad andare pure con Gioia, ex convivente della Di Vito, da poco sposato con un'altra. Poi, dopo averla riempita di calci e pugni, Chlubeck e Gioia la avvolgevano in una coperta e caricavano sul furgone bianco di Chlubeck e la lasciavano, agonizzante, con il fegato spappolato dalle percosse, in un’aiuola prospicente la stazione ferroviaria centrale, in via Pierluigi da Palestrina, con la cintura dei pantaloni slacciata e la manica del braccio usato per bucarsi arrotolata, così a voler simulare una morte per overdose dopo essere stata stuprata.
Ma la messa in scena non convincerà i poliziotti (nella foto, particolare, la notizia sul quotidiano torinese “La Stampa” del 3 gennaio 1992). La Dinarello e Chlubeck si conoscevano da 12 anni, entrambi erano finiti nel vortice della tossicodipendenza, tiravano avanti con piccoli furti, lui -che da 10 anni era clandestino perché le autorità sia tedesche che italiane gli avevano ritirato i documenti dopo la condanna per una rapina-, e il mestiere più antico del mondo, lei. Chlubeck si costituirà il 3 gennaio mettendo da solo fine alla sua fuga dopo essere stato un super ricercato per 9 giorni. L’11 dicembre 1992, in primo grado, la Di Vito, Chlubeck e Gioia verranno condannati rispettivamente a 6, 8 e 8 anni di carcere. Inizialmente l’accusa aveva chiesto 15 anni per ciascuno dei tre imputati.
Del caso se ne occuperà come pubblico ministero, a partire dal 19 novembre 1992, Antonio Di Pietro, già estremamente conosciuto soprattutto come grande accusatore del processo Tangentopoli. Il futuro fondatore dell’Italia dei valori si presterà per la prima volta alle telecamere della trasmissione televisiva “Un giorno in pretura”, di Ninì Perno e Roberta Petrelluzzi, che andrà in onda, su Rai 3, l’8 gennaio 1993, con share di 4milioni 561mila telespettatori, per occuparsi anche sul piccolo schermo dell’omicidio natalizio della Dinarello. In particolare finirà sotto i riflettori anche la toccante testimonianza di Barbara, di 12 anni, primogenita della trentasettenne Di Vito e di Gioia, che aveva assistito al femminicidio della Dinarello mentre era insieme ai fratelli Katia di 4 e Steven di 6.
Stando alle parole di Barbara, quando già la Dinarello era rantolante e in fin di vita, stesa su un divano, gli altri si sarebbero seduti tutti a tavola a mangiare: perché altrimenti si sarebbero raffreddati i ravioli preparati dalla Di Vito. E poi avevano anche aperto i regali. Del pestaggio letale della Dinarello scriverà anche lo scrittore Carlo Lucarelli, su “Repubblica” del 29 dicembre 2022, nella serie tristemente intitolata “Regali insanguinati. Perché a Natale non siamo tutti più buoni”.
