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26 gennaio

Oggi, ma nel 1978, a Corleone, in provincia di Palermo, in via Cammarata, veniva assassinato, con 9 colpi di pistola P38, l'avvocato Ugo Triolo (nella foto), che per 15 anni aveva ricoperto l'incarico di vice pretore onorario di Prizzi. L'omicidio rimarrà un giallo, senza un colpevole assicurato alla giustizia. Neanche il movente sarà mai chiarito. Verranno avanzate diverse ipotesi, inclusa quella della pista passionale. Presumibilmente, stando alle rivelazioni fatte dal collaboratore di giustizia Giuseppe Di Cristina, il 16 aprile '78, al capitano dei carabinieri Alfio Pettinato, la vittima sarebbe stata soppressa dal clan mafioso dei corleonesi perché si sarebbe rifiutata di cedere il terreno di sua proprietà, situato nel vallone Poggio San Calogero.

Quell'appezzamento di terra, per via del canale dell'acqua che vi passava, e relativo al quale il legale aveva inoltrato delle richieste all'amministrazione municipale, avrebbe interferito con i futuri lavori di realizzazione della diga di Piano Campo, nel cui appalto avevano interesse quelli che saranno indicati come i potenziali mandanti dell'agguato mortale. Ovvero: Totò Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, Antonino Marchese, Giovanni Vallone. Le indicazioni rese da Di Cristina sulla morte legata al terreno saranno poi suffragate anche dal pentito Francesco Di Carlo, ma queste non basteranno a farne una verità. L'anno successivo, il 1979, nel giorno del primo anniversario del delitto Triolo, nel capoluogo siciliano, verrà fatto fuori anche il giornalista del Giornale di Sicilia Mario Francese. Il cronista verrà freddato, da Leoluca Bagarella, e tra le ragioni che gli costeranno la vita ci sarà anche l'aver tentato di far luce sul perché Triolo avesse meritato quella fine.