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29 ottobre

Oggi, ma nel 1955, a Sebastopoli, in Crimea, veniva affondata da una mina magnetica tedesca della seconda guerra mondiale la nave Novorossijsk (nella foto, con la bandiera sovietica), ex Giulio Cesare della regia Marina militare italiana, ceduta alla flotta russa, il 6 febbraio 1949, come risarcimento dei danni di guerra causati dal secondo conflitto mondiale.

Dopo essere tornata dal viaggio di partecipazione alle celebrazioni del centenario della difesa di Sebastopoli la nave era stata ormeggiata ad una boa nella baia, a 300 metri dalla riva. L'esplosione, della potenza di 1200 chilogrammi di tritolo, verificatasi sotto lo scafo, squarciava tutti i ponti dalla corazzatura, da quello inferiore fino al ponte del castello di prua, aprendo uno squarcio sulla carena di 340 metri quadrati su entrambi i lati della chiglia, lungo 22 metri. La nave s’inclinava, in 3 minuti, a 110 metri dalla riva, dove la profondità era di 17 metri, con ulteriori 30 metri di fango sul fondale. A bordo vi erano mille marinai, inclusi 200 cadetti. Per lo scoppio perdevano la vita 175 componenti dell'equipaggio che erano proprio nel punto della deflagrazione. La nave affondava dalla prua, capovolgendosi sul lato sinistro, 2 ore e 45 minuti dopo il boato, dopo aver imbarcato 7mila tonnellate d'acqua. Il capovolgimento era stato accelerato dall'allagamento dei ponti, voluto dall'equipaggio stesso, per evitare l'esplosione dei restanti depositi di munizioni.

Verrà considerato il più grande disastro della storia navale russa. La sciagura era stata aggravata dall'imperizia dell'equipaggio e dall'impreparazione dei soccorritori, ma anche dal panico scatenatosi fra gli ufficiali che avrebbero dovuto coordinare le operazioni di salvataggio. La nave poteva essere rimorchiata e lasciata incagliarsi nel basso fondale sabbioso, evitando sia il capovolgimento sia che le vittime rimanessero intrappolate nei loro compartimenti. In tutto si conteranno 604 decessi. Il tributo di sangue verrà ricordato con il monumento eretto proprio a Sebastopoli.

Il comandante della corazzata, il capitano Aleksandr Pavlovič Kuchta, che era in licenza, verrà degradato e posto nella riserva.

La Giulio Cesare era stata varata il 15 ottobre 1911. Era stata costruita nel cantiere di Sestri Ponente, della Ansaldo, a Genova. Era stata poi ricostruita nei cantieri navali genovesi del Tirreno e rimessa in funzione l'1 ottobre 1937.

Intorno all'affondamento ruoterà anche l'ipotesi della presumibile azione di sabotaggio, compiuta da ex uomini rana della X flottiglia Mas della regia Marina militare, comandata dal principe Junio Valerio Borgese, posti agli ordini della Nato attraverso i servizi segreti nazionali. Tale scenario si sarebbe verificato come vendetta proprio per la consegna ai sovietici di un mezzo appartenente alla storia navale italiana. Secondo tale versione la falla sarebbe stata causata dal siluro lanciato da un mini sommergibile del servizio di sabotaggio degli incursori tricolore.

A causa della perdita della Novorossijsk anche il ministro della Difesa, nonché comandante in capo della Marina russa, Nikolaj Gerasimovic Kuznecov, verrà rimosso, degradato e posto in riserva. Politicamente l'alto ufficiale verrà riabilitato solo 33 anni dopo la sciagura: a 14 anni dalla morte, nel 1988. Il vice ammiraglio Viktor Aleksandrovič Parchomenko, comandante della flotta con la stella rossa del Mar nero, resterà il personaggio maggiormente coinvolto nell'incidente e la sua carriera la più compromessa. Verrà posto fuori dai ranghi militari l'8 dicembre successivo e a lui verranno attribuite le principali responsabilità del mancato salvataggio dei marinai a bordo, reo, oltretutto, non solo di non aver adeguatamente compreso la effettiva entità del pericolo, ma di averlo ignorato: ordinando ai suoi uomini di tornare ai propri posti invece di far partire l'sos e farli salvare.