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3 GENNAIO

Oggi, ma nel 2016, a Firenze, nel Palazzo Pucci di Ottavio, di via Maurizio Bufalini, sede storica della Fondazione cassa di risparmio fiorentina, chiudeva la mostra organizzata dall’ente bancario sull’evoluzione della farina di grano, prendendo lo spunto dal ritrovamento, dieci anni prima, proprio in Toscana, di quello ritenuto il prodotto da macinazione di frumento più antico del mondo: risalente a 30mila anni addietro.

Era stata una coperta di enorme peso scientifico che sfatava la concezione della dieta, ritenuta esclusivamente carnivora, dei primitivi antenati quali cacciatori-raccoglitori. La singolare esposizione -che rientrava tra le iniziative messe in atto per l’Expo 2015, l’Esposizione universale di Milano, dell’1 maggio-31 ottobre 2015, allestita a tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”- era stata inaugurata il 18 settembre 2015. Aveva puntato ad offrire un percorso di visita, aiutato da innesti multimediali, sull’evoluzione del comportamento alimentare dell’uomo, con particolare riferimento al Belpaese, a partire dal Paleolitico superiore.

Sottolineando come alcune usanze dei tempi remoti fossero ancora adottate in alcune zone dell’Asia, benché particolarmente arretrate. Nel territorio di Barberino di Mugello, in quel di Firenze, nella zona di Bilancino, poi occupata dall’omonimo lago artificiale con diga di sbarramento sul fiume Sieve, inaugurato il 21 febbraio 1996, ben 30mila anni indietro, c'era l’insediamento temporaneo di una tribù di homo sapiens che utilizzava pietre a forma di macina (nella foto, particolare, dall'invito della mostra) per triturare cereali e poi cuocerli con l’aggiunta di acqua.

Secondo quanto riportato dal quotidiano “La Nazione”, il 23 aprile 2015, la ricerca di Mara Mariotti, professore associato di Botanica sistematica dell’ateneo della città gigliata, era stata realizzata nel periodo 1995-1996, prima che l’invaso artificiale di Bilancino occupasse quella zona del Mugello, insieme a Bruno Foggi, del dipartimento di Biologia, ad Annamaria Ronchitelli, del dipartimento di Scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’università di Siena e direttrice dello scavo, a Biancamaria Aranguren, della Soprintendenza archeologica della Toscana, e ad Anna Revedin, dell’Istituto italiano di preistoria e protostoria.

Gli scavi, e poi le analisi al carbonio 14 e al microscopio elettronico, avevano consentito agli studiosi d’individuare tracce di amido di cui era composta la "farina preistorica" che veniva realizzata soprattutto impiegando una pianta palustre chiamata Typha. Vi si ricavava una sorta di galletta ad alto contenuto nutritivo.

Dalla scoperta di Bilancino era poi scaturito il progetto di ricerca dell'Istituto italiano di preistoria e protostoria, reso possibile anche dal contributo dell'Ente cassa di risparmio di Firenze. Il catalogo dell’allestimento, di 48 pagine, era curato dalla Aranguren e dalla Revedin con Fabio Santaniello, per Edizioni Polistampa, di Firenze, del 2015.