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4 Gennaio

Oggi, ma nel 1937, a Sarzana, in provincia di La Spezia, Giorgio William Vizzardelli (nella foto), uccideva, a colpi di scure, don Umberto Bernardelli, direttore del collegio religioso delle Missioni, che prima della chiusura della scuola per le vacanze natalizie aveva osato schiaffeggiarlo davanti ai compagni di classe: bollandolo come studente indisciplinato. Nel compiere la vendetta veniva fatto fuori anche il frate guardiano Andrea Bruno, ugualmente usando l'ascia. Poi, quello che passerà alla storia criminale italiana come "mostro di Sarzana", ma che in realtà era nato a Francavilla al mare, in provincia di Chieti, il 23 agosto 1922, simulava un furto sfociato nel sangue rubando la cassa del rettorato. Come autore del duplice omicidio verrà inizialmente incriminato l'insegnante di sostegno Vincenzo Montepagani, già in attrito con Bernardelli, ma poi scagionato. Il 20 agosto 1938 Vizzardelli, che sarà il killer seriale più giovane del Belpaese, finirà a colpi di pistola, usando una calibro 9 e una 7,65 della sua collezione, il tassista Bruno Veneziani e il barbiere Livio Delfini, sempre a Sarzana, perché Delfini, avendo scoperto il giallo del duplice delitto delle Missioni, lo ricattava pretendendo i soldi trafugati al ginnasio. Il 29 dicembre 1938, sempre a Sarzana, Vizzardelli toglierà la vita, usando un'accetta, a Giuseppe Bernardini, custode dell'Ufficio del registro cittadino, diretto dal padre Guido Vizzardelli, per poter rapinare 13mila lire che gli sarebbero servite per espatriare in America. Il sicario ragazzino verrà processato, a Genova, il 19 settembre 1940, e il 23 settembre successivo condannato all'ergastolo, in primo grado, scampando alla pena di morte solo per la minore età. Il caso giudiziario si trasformerà in una vicenda politica con il capo del regime fascista Benito Mussolini infuriato per il fatto che un delinquente così in erba fosse riuscito per un periodo piuttosto lungo a beffare gli agenti di pubblica sicurezza. La pena, divenuta definitiva, terminerà, il 29 luglio 1968, con la grazia concessa dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Vizzardelli, rifugiatosi a casa della sorella a Carrara, si suiciderà sgozzandosi con un paio di forbici l'11 agosto 1922. Le armi utilizzate da Vizzardelli per sopprimere i cinque malcapitati verranno esposte nel Museo criminologico di Roma di via del Gonfalone.

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