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4 GENNAIO

Oggi, ma nel 1992, a Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, i tarantini Salvatore Chirico e Stefano Speciale, sicari assoldati dalle ‘ndrine lametine della ‘Ndrangheta, uccidevano Salvatore Aversa, di 59 anni, sovrintendente della Polizia di Stato, e la moglie Lucia Precenzano, di 55, mentre erano intenti ad acquistare i regali per la Befana per il nipotino Salvatore. L’agguato fatale (nella foto, particolare, i due malcapitati) avveniva, alle 19.30, nella centrale via dei Campioni, che sarà poi intitolata alla memoria delle due vittime.

Aversa, originario di Castrolibero, in quel di Cosenza, classe 1933, e consorte, venivano raggiunti da 14 colpi di calibro 9, sparati a distanza ravvicinata, 8 per lui, 6 per lei. Lui stava aprendo lo sportello di destra della sua Peugeot 205, per far entrare la signora. Era in servizio nel commissariato della città calabrese da 20 anni e già aveva operato con il questore Antonino Surace e contro i sequestri di persona. Ultimamente era impegnato nella lotta al racket dei rifiuti. Dopo aver comandato la sezione di polizia giudiziaria era stato trasferito nell’ufficio Prevenzione. L’anno successivo sarebbe dovuto andare in pensione e avrebbe avuto più tempo da trascorrere con i tre figli: Walter, Paolo e Giulia. Il duplice omicidio -lei veniva sacrificata in quanto testimone scomodo- si consumava verosimilmente, secondo il ministro dell’Interno del VII governo presieduto da Giulio Andreotti, Vincenzo Scotti, per inviare un chiaro segnale intimidatorio alla Polizia. E veniva eseguito nella cittadina con il Consiglio comunale sciolto, con decreto del presidente della Repubblica Francesco Cossiga, per infiltrazione mafiosa.

L’esecuzione di Aversa verrà raccontata nel volume di Antonio Cannone, giornalista di Lamezia Terme, intitolato “Il caso Aversa tra rivelazioni e misteri”, che sarà pubblicato da Falco editore, di Cosenza, nel 2017. Prima di arrivare alle confessioni di colpevolezza degli esecutori materiali, l’iter giudiziario porterà all’arresto di Renato Molinaro e di Giuseppe Rizzardi, che poi verranno scagionati seguendo le dichiarazioni, che si riveleranno false, di Rosetta Cerminara, già ex fidanzata di Molinaro, ipotetica testimone oculare. Il 30 aprile 1992 Aversa verrà insignito della medaglia d’oro al valor civile, alla memoria, proprio per l’estremo sacrificio. Ma il suo ruolo di “eroe di Stato” nella repressione della criminalità organizzata in un lembo di terra difficile del Belpaese, porterà alla profanazione della tomba sua e della coniuge, nel cimitero di Castrolibero, il 19 marzo di quel ’92.