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7 Ottobre

Oggi, ma nel 1943, a Napoli, alle 12, ordigni esplosivi ad orologeria e con innesco ritardato, pari a 900 chilogrammi di tritolo, che erano stati piazzati dietro un finto muro eretto nel sotterraneo dai soldati nazisti della terza compagnia del 60° battaglione motorizzato dei pionieri dell'esercito tedesco, in ritirata, perché incalzati dalle truppe anglo-americane provenienti da Salerno, facevano saltare in aria il palazzo delle Poste centrali.

Il boom riguardava particolarmente il lato ovest del caseggiato (nella foto, i soccorritori mentre cercavano cadaveri ed eventuali sopravvissuto tra le macerie, subito dopo il boato), verso piazza Carità. Morivano 30 persone e ne restavano ferite altre 84. Tra le vittime c'era anche un bambino di due mesi, Beniamino Pinto, ma anche Editta Pinto, di 13 anni, e Antonietta Galizia, di 11. In totale, solo 14 delle 30 salme furono identificate perché le restanti 16 erano impossibili da riconoscere per via delle condizioni dei corpi straziati. Tra i deceduti figuravano anche soldati statunitensi appartenenti al 2nd army – base post office ed il 505° parachute infantry regiment dell'82° airborne division, il cui comando era situato a 300 metri di distanza, nei locali della questura.

La deflagrazione, che produceva enormi danni strutturali all'edificio, giungeva a ridosso delle cosiddette quattro giornate di Napoli. Ovvero l'episodio di insurrezione popolare, verificatosi dal 27 al 30 settembre precedente, nel capoluogo campano. nel corso del quale i civili, con l'apporto di militari fedeli al regno del Sud, erano riusciti a liberare la città dall'occupazione degli uomini della Wehrmacht, a loro volta aiutati nel mantenere il regime di oppressione da gruppi di fascisti locali. La ribellione di piazza verrà premiata, il 10 settembre 1944, con il conferimento della medaglia d'oro al valore militare alla città partenopea e al suo gonfalone. Quando le forze alleate erano giunte, l'1 ottobre, avevano trovato la città già libera dall'occupazione tedesca, grazie all'eroismo dei suoi abitanti, esasperati dalla presenza germanica.

Il fabbricato delle Poste era stato eretto, con facciata principale su piazza Giacomo Matteotti, su volere del ministro fascista delle Poste e telecomunicazioni Costanzo Ciano, a cominciare dal 1928. La costruzione, su progetto dell'architetto bolognese Giuseppe Vaccaro, coadiuvato dal collega Gino Franzi, della frazione Pallanza di Verbania, in provincia di Verbano-Cusio-Ossola, era terminata nel 1936, rappresentando un esempio tra i più caratteristici di architettura razionalista tricolore. L'inaugurazione c'era stata, il 30 settembre '36, alla presenza del ministro delle Comunicazioni in orbace Antonio Stefano Benni.

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