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7 SETTEMBRE

Oggi, ma nel 1954, a Venezia, a Palazzo Grassi, nella sede del Centro internazionale delle arti e del costume, si teneva il primo vero atto per la realizzazione dell’idrovia padana, l'ambizioso progetto di collegamento per la mobilità extra urbana via fiume che avrebbe dovuto unire Locarno con Venezia. E che rimarrà una delle pesanti incompiute italiane.

Sarebbe dovuto essere una sorta di grande canale, dalla Svizzera italiana, nel Canton Ticino, all’Italia, con termine nella città più rappresentativa del Veneto, attraverso le acque del Ticino e del Mincio, toccando Milano. Sostanzialmente dai monti all’Adriatico.

Al convegno partecipava anche il ministro dei Lavori pubblici Giuseppe Romita, socialista, in rappresentanza del governo presieduto dall’esponente scudocrociato Mario Scelba, intenzionato a portare avanti l’utopico -così verrà definito dagli addetti ai lavori- piano nel Belpaese del boom economico. L’idea del collegamento fluviale, alternativa al trasporto, soprattutto di merci, ma potenzialmente e in un secondo tempo anche di passeggeri, su rotaia e su gomma, era iniziata a circolare sulle pagine dei quotidiani nazionali già dal 7 gennaio 1941.

L’11 giugno 1941 si era tenuta una riunione preparatoria proprio nella città lagunare, con la partecipazione del senatore Davide Giordano, direttore degli ospedali veneziani, numero uno del Consorzio di navigazione alta Italia. Il primo piano operativo prevedeva il collegamento da Torino a Venezia, attraverso Milano, quindi sfociando in mare. L’ipotesi della grande idrovia padana era stata ufficializzata nel panorama politico tricolore il 26 luglio 1941.

Poi la seconda guerra mondiale aveva bloccato ogni speranza. A Novara, il 12 novembre, nella sede della Deputazione provinciale, si era tenuto un affollato incontro per affrontare i punti nevralgici della questione ed era uscita fuori anche l’ipotesi d’includere Genova, oltre agli snodi principali già menzionati.

Il 17 ottobre 1949, nella sede della Deputazione provinciale torinese, era stata avanzata al ministro dei Lavori pubblici, il Dc Umberto Tupini, la proposta di legge per l’istituzione dell’idrovia padana. L’1 marzo 1953 la sottocommissione tecnica italo-elvetica, incaricata di studiare il tracciato reale dell’idrovia padana, riunita a Palazzo Cisterna, nel capoluogo piemontese, aveva concluso i lavori.

Stabilendo che il percorso sarebbe dovuto essere: Torino, Novara, Milano, Cremona, Mantova, Adria, Venezia (nella foto, particolare, il tracciato, da un grafico dell’Associazione Locarno-Milano-Venezia), con possibilità di prolungamento fino a Trieste, per una lunghezza complessiva di 529 chilometri, dei quali 245 erano già realizzati, e profondità media di 3 metri, ovvero in grado di accogliere natanti da 600 tonnellate di stazza. Il 3 ottobre 1960, a Cremona, il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi presenzierà all’appuntamento insieme al ministro dei Lavori pubblici Benigno Zaccagnini, sempre della Balena bianca, lanciando il progetto da 250 miliardi di lire e inizio dei lavori nel luglio 1965.

Ma l’opera procederà ad una velocità da lumaca, 3 chilometri l’anno, fino all’ancor più lento abbandono, come riporterà il giornalista Giampaolo Pansa sul quotidiano torinese “La Stampa” del 4 marzo 1969.