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8 gennaio

Oggi, ma nel 1980, a Milano, in via Enrico Schievano, i brigatisti Nicolò De Maria, come autista, e Barbara Balzerani, Mario Moretti, Nicola Giancola, come gruppo di fuoco della colonna Walter Alasia, uccidevano crivellandoli di proiettili Antonio Cestari, appuntato, Rocco Santoro, vice brigadiere, Michele Tatulli, agente, del reparto celere della Pubblica sicurezza, in forza al commissariato di Porta Ticinese della Questura meneghina. La prima vittima era di San Lorenzello, in provincia di Benevento, aveva 50 anni, la seconda veniva da Baronissi, in quel di Salerno, ne aveva 32, la terza era originaria di Bitonto, di Bari, di 25 anni. Si stavano recando, a bordo di una Fiat Ritmo "civetta" in via Cassala per una abituale operazione mattutina di controllo quando erano stati speronati dalla Fiat 128 bianca degli estremisti rossi.

Il triplice omicidio politico verrà rivendicato, con un volantino delle Br, come il "benvenuto" al generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, nominato, il 14 dicembre 1979, comandante della divisione Pastrengo dell'Arma, con competenza anche sul capoluogo lombardo, per l'attuazione delle nuove norme in materia di antiterrorismo. I tre poliziotti, che, il 27 settembre 2004, verranno insigniti della medaglia d'oro al valor civile alla memoria, verranno ricordati dall'amministrazione municipale ambrosiana con un cippo commemorativo (nella foto), posto nel luogo dell'attacco da parte delle Brigate rosse che verrà deturpato, il 3 aprile 2005.

L'agguato mortale di via Schievano rimarrà legato anche alla vicenda di Tina Fiorino, fidanzata di Tatulli, di 22 anni, licenziata senza preavviso dalla ditta Ferna, di Parabiago, nel Milanese, specializzata nell'assemblare flipper, per essere arrivata tardi al lavoro nella giornata dei funerali dei tre rappresentanti delle forze dell'ordine. Ne scaturirà l'interrogazione parlamentare, nella seduta della Camera dei deputati, presieduta dal vicepresidente Pier Luigi Romita, del Partito socialista democratico italiano, del 13 febbraio 1980, da parte dell'onorevole Enrico Manca, del Partito socialista italiano, rivolta al ministro del Lavoro e della previdenza sociale Vincenzo Scotti, democristiano, del primo governo guidato dal Dc Francesco Cossiga. Il provvedimento comporterà controlli meticolosi di natura amministrativa per l'azienda che, anche per lo sfumare della principale commessa di giochi da bar, sarà costretta alla chiusura.