8 luglio
Oggi, ma nel 1919, a Milano, nella sala dell’Associazione capimastri, veniva fondata l’Associazione nazionale alpini che nominava come primo presidente il maggiore degli Alpini Daniele Crespi (nella foto), in congedo dal servizio effettivo dal 7 marzo 1919, che resterà in carica fino al 30 settembre successivo, per poi lasciare l’incarico, per problemi dovuti ai tre ferimenti rimediati in guerra e gravi fastidi ai polmoni dovuti alla prolungata esposizione ai gas asfissianti, al pari grado Carlo Carini, che resterà in carica fino al 12 gennaio 1920.
Crespi, milanese, classe 1878, già prima dello scoppio della Grande guerra era laureato in chimica dei tessuti, aveva una carriera da industriale nel cotonificio di Crespi D’Adda, era parlamentare del regno, era sposato con un figlio. Si era dimesso da onorevole e aveva lasciato l’intrapresa commerciale di famiglia per andare, il 5 luglio 1915, a combattere contro l’Austria con la divisa da Alpino, nel 6° reggimento nel battaglione Verona, in Vallarsa. L’idea di creare l’organizzazione che potesse unire tutti i militari che avessero prestato servizio indossando il cappello con la penna nera era nata, il 12 giugno precedente, nella birreria meneghina Spatenbräu, il cui proprietario era Angelo Colombo, uno dei soci fondatori dell’Ana.
La creazione del corpo degli Alpini all’interno del regio esercito risaliva al 15 ottobre 1872, quando, fra le pieghe del decreto reale che prevedeva l’allargamento del numero dei distretti militari, veniva indicato espressamente che alcuni fossero istituiti in zone alpine con in organico una compagnia distrettuale a reclutamento ed addestramento che avesse particolari compiti di montagna. Terminato il primo conflitto mondiale, che era stato prospettato ai militari alpini come completamento imprescindibile dell’unità italica, i reduci, che avevano vissuto estremi sacrifici in scenari da incubo, avevano ritenuto d’avere comunque diritto non solo a godere di un clima di ritrovata pace, indipendentemente dalla vittoria dannunzianamente reputata mutilata, ma anche di riconoscenza popolare per i loro sforzi per la Patria. La realtà nella quale si erano ritrovati gli ex Alpini era ben diversa. Intorno a loro si susseguivano scioperi, lotte di piazza, episodi di pubblica derisione e di disprezzo, atteggiamenti palesi di ostilità, esempi di negazione di quei valori per i quali avevano combattuto, rischiato e spesso erano morti i loro compagni d’armi.
Tutto questo insieme dirompente aveva messo in atto il processo di creazione di un movimento per la riaffermazione della dignità dell’Alpino e del suo prezioso contributo nella riuscita della Grande guerra. Il reclutamento su base valligiana, la spontanea solidarietà del montanaro, i sentimenti di fratellanza sorti e rafforzati negli anni vissuti fianco a fianco nella unicità delle trincee di montagna, la consapevolezza di poter sempre e comunque contare sul commilitone, avevano contribuito non poco a rafforzare i vincoli spirituali e materiali mantenendoli intatti anche una volta ripiombati da civili nella monotona quotidianità.
All’associazione nazionale Alpini potevano iscriversi non solo quanti avessero prestato servizio militare negli alpini dal 1872, i reduci delle campagne d'Africa del 1887, del 1895, del 1911-1912, i sopravvissuti alla già menzionata guerra del 1915-1918, ma anche, con previsione verso il futuro e per garantire la continuità associativa, anche quelli che sarebbero stati chiamati al servizio di leva negli Alpini. Nello stesso 1919 tre ufficiali reduci dell’8° reggimento Alpini, ovvero Italo Balbo, Aldo Lomasti ed Enrico Villa, fondavano, ad Udine, il settimanale l’Alpino, recante il sottotitolo “Di qui non si passa”, stampato in 2.500 copie. Il primo convegno nazionale dell’Ana verrà organizzato, il 5-6-7 settembre 1920, sull’Ortigara, montagna alta 2.105 metri sul livello del mare, situata in provincia di Vicenza, luogo simbolo per gli Alpini della prima guerra mondiale, e si conteranno 2mila reduci presenti.