1 agosto

Oggi, ma nel 1571, a Famagosta, sull’isola di Cipro, i veneziani ormai annientati issavano il drappo bianco alla Porta di terra arrendendosi ai turchi e consegnando così l’acquartieramento portuale che era assediato, dal 22 agosto dell’anno precedente, dai giannizzeri di Lala Kara Mustafà Pascià. La resa era necessaria per tentare di far avere in cambio salva la vita al migliaio di superstiti e consentire l’evacuazione a Candia, sulla greca isola di Creta, dei civili della Serenissima ancora presenti. A ridosso di quel capolavoro d’ingegneria bellica e fortificazione alla moderna realizzato da Giovanni Girolamo Sanmicheli che era il bastione intitolato ad Alvise Martinengo s’erano fronteggiati 7mila armati della Repubblica di Venezia e 200mila combattenti inviati dalla Sublime porta.
Causando perdite che verranno stimate in 6mila per i cristiani e 80mila per gli islamici in uno scontro che, appunto, non era solo militare o religioso, ma soprattutto di civiltà. Il 4 agosto successivo il marciano Marcantonio Bragadin, rettore della città-fortezza dal 1569, e il già menzionato Pascià avranno ulteriori dissapori e romperanno l’accordo salvacondotto. La reazione ottomana sarà feroce, anche contro l’approvazione del sultano Selim II detto “Il Biondo”, in carica dal 29 settembre 1566, e lo stesso capitano generale dell’armata grossa della Marina da guerra veneziana Bragadin, di 48 anni, verrà scuoiato vivo (nella foto, nel dipinto in chiaroscuro, che verrà attribuito a Giuseppe Alabardi chiamato “Lo Schioppi”, posto come ornamento del monumento funebre), il 17 agosto di quel 1571, nella piazza principale, dopo aver già subito beffarde torture come il taglio delle orecchie e l’esposizione prolungata al sole in una piccola gabbia senz’acqua.
Quindi gli arti verranno smembrati e la sua pelle, dopo essere stata riempita di paglia e ricucita, verrà portata a Costantinopoli appesa al pennone di una galea. Prima del martirio del comandante, al già citato Martinengo, nativo di Brescia, di 49 anni, il 4 agosto, toccherà l’impiccagione, ripetuta tre volte per rottura della corda, e la successiva decapitazione. La pelle di Bragadin verrà trafugata dall’arsenale in un non precisato giorno del 1580 da Girolamo Polidoro, considerato dagli studiosi anche di possibile origine abruzzese piuttosto che proveniente da Verona, già servitore in casa Bragadin, e riportata a Venezia dove nel 1596 finirà nella basilica dei Santi Giovanni e Paolo.