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9 GENNAIO

Oggi, ma nel 1878, a Roma, avveniva l’incoronazione di Umberto I, di 34 anni, il secondo re d’Italia, dopo il decesso del padre Vittorio Emanuele II, di 58, avvenuto lo stesso 9 gennaio, che era in carica dal 17 marzo 1861, giorno della proclamazione dell’unità nazionale.

Il 17 gennaio successivo, Umberto I stabilirà l’inumazione del predecessore nel Pantheon che da quel momento diverrà luogo di sepoltura capitolino dei reali savoiardi. Il 19, a Montecitorio, il successore con la corona giurerà sullo Statuto albertino, che era stato promulgato dal nonno, Carlo Alberto, il, 4 marzo 1848, quando c’era ancora il regno di Sardegna, e che il genitore non aveva ritirato dopo l’ascesa al trono, meritandosi per tal motivo l’appellativo di “Re galantuomo”.

Fondamentalmente Umberto I veniva incoronato in pieno secondo governo guidato da Agostino Depretis, esponente della Sinistra storica, in carica dal 26 dicembre precedente, che reggerà fino all’8 marzo successivo, prima dell’avvento del primo esecutivo capeggiato dal presidente del Consiglio dei ministri Benedetto Cairoli, sempre dello stesso schieramento. Il re coi baffoni a manubrio proseguirà la linea politica paterna.

La successione dinastica avveniva col nuovo Papa, Leone XIII, che verrà eletto il 20 febbraio di quel 1878, a 68 anni, dopo la dipartita terrena del predecessore, Pio IX, che morirà il 7 febbraio 1878, a 86, e che continuerà a disconoscere la legittimità del regno d’Italia dopo la presa dell’Urbe, con la breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870.

Il regno umbertino sarà breve, durerà 22 anni, a causa del regicidio di Monza (nella foto, particolare, il corpo senza vita del “Re buono” -chiamato così anche dopo le cannonate meneghine dell’8 maggio 1898 fatte sparare sulla folla in tumulto dal generale Fiorenzo Bava Beccaris- in uno dei due scatti intimi, provenienti dall’archivio privato dell’architetto di corte, marchese Achille Majnoni d’Intignano, eseguito dai fotografi milanesi Edmondo Guigoni e Antonio Bossi, che verranno chiamati dalla neo regina madre Margherita prima dell’allestimento della camera ardente), del 29 luglio 1900, che sarà perpetrato dall’anarchico pratese venuto dall’America Gaetano Bresci, di 31 anni, che farà fuori il capo della real casa di Savoia, a 56 primavere, “colpito con palle tre”, come cantato nel ritornello della filastrocca libertaria ed anticlericale intitolata “Alla stazion di Monza”, che prenderà a girare dopo l'attentato.

Il monarca sarà scampato già a due tentativi di eliminazione, sempre ad opera di simpatizzanti dell’anarchia, quello di Giovanni Passannante, del 17 novembre 1878, a Napoli, e quello di Pietro Acciarito, del 22 aprile 1897, nella Città eterna. Quello stesso fatidico 29 luglio 1900 l’unico figlio di Umberto I e Margherita, di 31 anni, ascenderà al trono come Vittorio Emanuele III.