PALLA AL CENTRO

Bonucci e la notte di Cardiff

Chi la fa l’aspetti verrebbe da dire. E così, a distanza di un anno, tocca al popolo juventino provare quei sentimenti che sono appartenuti ai tifosi napoletani quando nell’estate del 2016 si sono visti “scippare” l’amato (poi diventato odiato) Gonzalo Higuain dalla Vecchia Signora. L’argentino aveva litigato con il presidente De Laurentiis e così appena la premiata ditta Marotta&Paratici si è avvicinata ha detto subito sì. E il Napoli e De Laurentiis si sono consolati con 90 milioni di euro. Adesso per capire che cosa c’è dietro alla cessione di Bonucci al Milan bisogna risalire alla notte di Cardiff, all’intervallo della finale di Champions League persa 4-1 dalla Juventus contro il Real Madrid. Massimiliano Nerozzi nelle scorse settimane l’ha raccontato, illustrando il comportamento sopra le righe di Bonucci che avrebbe redarguito prima Dybala e poi avrebbe consigliato la sostituzione di Barzagli. Consigli risultati indigesti non solo all’allenatore, ma, soprattutto, alla società. Sì, perché alla Juventus comanda la dirigenza. E a chi non sta bene può andare via. La società ha una centralità che altrove non esiste e che tiene a rimarcare sempre. Quando si è trattato di accompagnare Del Piero verso l’addio al calcio giocato e quando Conte pensava di essere indispensabile. Tanto per fare un paio di esempi. Bonucci, nel caso specifico, era recidivo per il diverbio con Allegri durante Juventus-Palermo. La Juve pensava di averci messo una pietra sopra con la tribuna di Oporto, in Champions, imposta da Allegri che nell’occasione si è anche auto-multato. Pensava che fosse solo un episodio. Discorso chiuso che però Bonucci ha riaperto con il comportamento sopra le righe nell’intervallo di Cardiff. C’è chi dice che la discussione sia stata talmente aspra che si sarebbe sfiorato il contatto fisico tra i bianconeri. Il tempo svelerà tutti i dettagli della serata rimasta sullo stomaco ai tifosi juventini. Ma l’insofferenza del difensore di Viterbo agli occhi della dirigenza era diventata ingestibile. Insostenibile. Alla Juve lo spogliatoio è sacro e chi rischia di incrinarne la solidità viene accompagnato alla porta. Non esistono primedonne, perché è la società che comanda. Piaccia o no. Da qui la decisione di venderlo non appena se ne presentasse l’occasione. Il Milan è capitato al momento giusto. Hanno fatto tutti un affare: la Juve che ha monetizzato 40 e più milioni per uno dei migliori, se non il migliore, difensore italiano giunto alla soglia dei 30 anni, realizzando una ricca plusvalenza; il Milan che ha bisogno di gente di carattere e di personalità nello spogliatoio, oltre che di rendere più competitivo il reparto arretrato; e Bonucci stesso che aumenta il suo ingaggio con l’ultimo contratto della carriera. Operazione perfetta. Il tempo dirà se l’intervallo della finale di Cardiff ha decretato (anche) la rottura del giocattolo bianconero che ha fruttato sei scudetti di fila e due finali di Champions. O se la cessione di Bonucci ha rimesso i puntini sulle “i” all’interno dello spogliatoio. Di certo c’è che il Milan, con circa 200 milioni di euro di investimenti, ha rilanciato le proprie quotazioni in chiave scudetto. E i tifosi? I social network danno la stura alle peggiori cattiverie in questi casi. Di tutto e di più. Basta cambiare maglia e si diventa mercenari. I tifosi che pensano alle bandiere e alla fedeltà alla maglia vivono fuori da un contesto in cui i soldi la fanno da padrone. A tutti i livelli. Il problema non è di chi fa certi proclami, ma di chi ci crede. Si fa un gran parlare di Totti e del suo attaccamento alla Roma dimenticando che è stato sempre ben ricambiato economicamente. Lo stesso dicasi per Maldini e Del Piero negli anni scorsi. I giocatori, come tutti i professionisti, prima si fanno i propri conti e poi decidono. Tutto il resto è folklore.