Josè Mourinho

PALLA AL CENTRO

Calcio: sempre più business e sempre meno sport

Non sanno più che cosa inventarsi per fare soldi. Gianni Infantino, presidente della Fifa, pensa al Mondiale ogni due anni; il capo dell’Uefa, Alexander Ceferin progetta una final four per assegnare la Champions League e Gabriele Gravina, presidente della Figc, immagina play off e play out in serie A per decidere lotta scudetto e le retrocessioni. Il tutto per far crescere interresse e occasioni di business attorno al pallone.

Non bastasse, c’è l’International Board che sforna novità regolamentari a un ritmo mai visto nei passati decenni. Nel frattempo, l’appeal del calcio, almeno in Italia, va scemando. Quindi ognuno s’ingegna a trovare una soluzione. Addirittura c’è chi pensa anche al tempo effettivo. Tutto per tenere attaccato il tifoso-cliente alla sediolina dello stadio oppure alla poltrona davanti alla televisione. L’importante è che paghi per reggere il baraccone. Insomma, si rischia il caos. Forse, il calcio ci è sprofondato senza rendersene conto. In questo contesto giungono le parole  di Josè Mourinho: “Questo non è più calcio”.

Probabilmente il portoghese, che è un furbo mica da poco, ha ragione. Ma non perché sia un’ingiustizia annullare il gol a Zaniolo in Roma-Genoa o espellere lo stesso Zaniolo per proteste; piuttosto perché c’è chi lo riempie di soldi (poco più di 9 milioni l’anno per tre stagioni con il contributo del Tottenham solo nella prima annualità) e la squadra naviga nelle stesse posizioni di classifica della passata stagione quando c’era il signor Fonseca sulla panchina giallorossa. E veniva bersagliato dalla critica e dalla tifoseria per un rendimento simile allo Special One. Ma vuoi mettere come comunica Mourinho! Ecco, il calcio sempre più spettacolo legato al business e sempre meno sport. Anzi, quasi per niente sport.