Teresa Bellanova, ministro dell'Agricoltura

QUESTIONE DI STILE

Il sessismo strisciante verso le donne che lavorano

La polemica che ha tenuto banco sui social questa settimana era quella sull’abito che il neo ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, indossava per la cerimonia di giuramento al Quirinale. Troppo blu e di un blu troppo elettrico. Troppa organza e di un’organza troppo setosa. Troppo a balze. Troppo tutto.

Ad aprire le danze ci aveva pensato l’ex parlamentare di FI (passato in maniera volatile anche per altre compagini), Daniele Capezzone. Il "noto" maitre a penser dell’alta moda così aveva elegantemente twittato: «Carnevale? Halloween?», e sotto si sono naturalmente scatenati tutti gli haters dei social, i cosiddetti leoni da tastiera, che tra le altre amenità, l’hanno paragonata perfino a una balena blu. Una feroce polemica costruita sul nulla.

In questi tempi assai volgarotti, le donne vengono ancora giudicate per lo spettacolo che offrono. La scollatura è generosa? Promossa. La silhouette è sinuosa? Promossa, ma con riserva. E il lato B? Merita una considerazione? In realtà non c’era nulla che non andasse nel vestito della ministra, che era dignitoso e consono al ruolo. Molto più scalpore avrebbero dovuto suscitare, in passato, certi nude look esagerati, certe guepiere portate come abito, certe minigonne inguinali e certe mise da esibizionista del tutto fuori posto in un luogo istituzionale come il Parlamento.

Comunque, da qualunque lato lo si voglia rigirare, il problema non cambia. Le donne sono ancora vittime di un sessismo strisciante e neppure tanto nascosto che spinge a giudicare le donne, nell’ambito del lavoro, per fatti che nulla c’entrano con la loro professionalità, con la loro preparazione o con il loro talento lavorativo. A nulla sono serviti gli anni di lotte femministe, combattute da generazioni piene di speranza. Ancora meno servono le attuali, perennemente dibattute, quote rosa, che lasciano spazi nel mondo del lavoro, ma solo per la gentile concessione di un mondo tutto virato al maschile. Una gentile concessione che si colora ogni volta di fastidioso paternalismo o pelosa "generosità".

Attendiamo tutti con ansia il momento in cui ci saranno velenosi o divertiti tweet riguardanti la scelta discutibile di cravatta di un ministro del lavoro, post sui pettorali un po’ moscetti di un primo ministro o sulla pancetta non proprio tonica di un senatore. Ma credo che questo non avverrà mai. E nonostante tutto, aggiungo, per fortuna.

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