L'amore in camera, ma è quella dei deputati

È sempre più difficile parlare di buon gusto e stile di questi tempi, circondati come siamo da una generazione di eterni adolescenti di 40 e passa anni, cresciuti con il mito dei reality show e invecchiati con la sindrome di Narciso. Privacy? Vade retro… Ci sono i social da foraggiare, gente da cui farsi vedere, altri da far parlare. E così ci tocca commentare fatti, foto, cose privatissime che avremmo accolto, in tempi più seri, con un sonoro “ma chissenefrega”.

L’ultima trovata geniale è quella di fare la dichiarazione all’amata di fronte alle telecamere, con tanto di genuflessione su un ginocchio e astuccetto in velluto con dentro il “brillocco”. Trovata importata come al solito dagli Stati Uniti: ma noi, mettendoci tutto il genio italico e l’innato gusto per la sceneggiata, invece di accontentarci di un banale stadio ricolmo di tifosi, scegliamo addirittura la solennità della Camera dei deputati. Forse è stata la parola “camera” a trarre in inganno il focoso parlamentare, oppure ha sentito dire che lì si facevano proposte e ha pensato che proposta di legge e proposta di matrimonio pari fossero.

Lì dove statisti della levatura di Moro, Berlinguer e De Gasperi si arrovellavano sulle sorti della nazione, oggi si fanno bagarre, si intonano canzoncine d’amore, si fa tranquillamente uso privato delle istituzioni. Peccato non abbia potuto approfittare, l’aspirante sposo, del concerto di Amedeo Minghi, che era lì qualche settimana prima a cantare “trottolino amoroso” ai senatori incantati.

Sarebbe stato ancora più originale, comunque, se la signora, in un insperato rigurgito di intelligenza e senso delle istituzioni, avesse risposto a questa tamarrissima dichiarazione con un sonoro ma imbarazzato “no, grazie”. Ah, ma non poteva succedere. Le nozze erano già fissate da tempo. La dichiarazione, come tante altre cose ormai, oltre che trash era pure farlocca. Che tempi…

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