Quando muore un giornalista
Non conoscevo bene Claudio Fazzi, il caposervizio del Messaggero scomparso a causa di un infarto due giorni fa. Da quando era diventato responsabile della cronaca dell'Aquila, nel 2007, l'avrò incontrato quattro o cinque volte . Me lo presentò a fine giugno del 2007 nella sede di Coppito della Guardia di Finanza (c'era la festa del Corpo alla presenza di Napolitano) l'indimenticabile collega Alessandro Orsini. Eppure la notizia della sua morte mi ha colpito nel profondo. Di lui so solo quello che emergeva ogni mattina dalle cronache che curava, aspetti quindi legati al suo lavoro e alla sua professionalità. In questi anni era diventato parte della storia della città, una città che stenta a rialzarsi dalle ferite del sisma e che ha bisogno come il pane di informazione continua, attenta, incalzante, non sguaiata o scoopista a tutti i costi ma nemmeno prona a chi ti vorrebbe coperto e allineato. Per questo la scomparsa di Fazzi è una bruttissima notizia per i suoi familiari, parenti, amici, colleghi. Ma lo è anche per questa città martoriata che sarà da oggi un po' più sola.