PALLA AL CENTRO

Zeman tra ambizioni e compromesso

Il Pescara di oggi è il frutto di un compromesso tra le idee di calcio offensivo di Zeman e le caratteristiche dei giocatori in rosa. Non è zemaniano, non può esserlo oggi e chissà se lo sarà domani. Ne è ben consapevole lo stesso tecnico. Che, sabato, dopo la vittoria di Carpi ha spiegato per bene il senso del compromesso. «Se gli attaccanti sono nell’area di rigore avversaria, i difensori non possono stare al limite della nostra area». Una frase che aiuta a comprendere le difficoltà del Pescara nell’essere zemaniano. Sì, perché la squadra è troppo lunga in mezzo al campo. Il boemo vorrebbe che i difensori salissero di più per aggredire gli avversari quando ripartono. Vorrebbe una difesa in grado di accorciare. Ma i difensori non hanno queste caratteristiche. A Carpi hanno giocato Balzano, Coda, Bovo e Mazzotta nelle retrovie: i primi tre ultratrentenni. Non più ragazzini sbarazzini e capaci di correre a perdifiato. Ma esperti e capaci di leggere bene le partite. E così per due gare i biancazzurri non hanno subìto gol. La squadra lunga espone i centrocampisti alla fatica, praticamente dei maratoneti perché costretti ad appoggiare l’azione degli attaccanti e a fare filtro davanti alla difesa: due fasi di gioco da svolgere in uno spazio di campo extralarge. Un compromesso figlio di un mercato in cui il Pescara pensava di poter vendere dei giocatori che invece sono rimasti. Zampano, Benali e Brugman ad esempio. Giocatori che immaginavano di andare in serie A e ora si ritrovano in B dopo una retrocessione traumatica. Giocatori che nelle intenzioni della dirigenza e del tecnico sarebbero dovuti essere rimpiazzati da giovani adatti al gioco zemaniano. Non a caso il boemo ha detto dopo la chiusura delle liste di trasferimento: «Mi aspettavo un mercato diverso». Ergo, si attendeva di avere a disposizione dei giocatori diversi. Ma quello che poteva essere e non è stato non può essere rimproverato a nessuno. Però, bisogna essere coscienti e prenderne atto. Questo non significa che il Pescara non può e non deve lottare per la serie A. Al contrario. L’organico extralarge è una fonte a cui abbeverarsi nel momento in cui, come nello scorso week end, mancano all’appello nove giocatori indisponibili. I biancazzurri hanno l’obbligo di lottare per andare in serie A. Può andare bene o male, ma l’obiettivo deve essere quello di competere con i migliori. A maggior ragione, dopo una retrocessione traumatica e dopo che a tutti i livelli è stato promesso un campionato di vertice. Il Pescara non può accontentarsi o farsi schiacciare dagli alibi. L’asticella va tenuta alta. @roccocoletti1

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