Il commissario: «Vi sottraete alle verifiche» La società dei Comuni: «Vigilano solo i sindaci-soci»

Acqua, scontro sulla gestione

L’Ato alla Sasi: non vi fate controllare? Servizio ad altri

LANCIANO. Lo scontro senza precedenti sulla gestione dell’acqua è concentrato in 29 righe, anche se la lettera si chiude con un cordiale «distinti saluti». «Vi sottraete sistematicamente al controllo»: dunque, «avviamo la pratica per la revoca dell’affidamento del servizio». Lo scrive l’Ato, ossia la Regione, alla Sasi, cioè ai Comuni.
E’ senza precedenti la frattura che si è aperta tra l’Ato Chietino, l’ente d’ambito territoriale ottimale creato per programmare, controllare e vigilare sul servizio idrico integrato - ossia sull’acqua dalle sorgenti fino all’uscita dai depuratori - e la Sasi, la società pubblica che dal 2002 gestisce il servizio idrico in 92 centri del Chietino e con i Comuni-soci. Pomo della discordia è il “controllo analogo”, ossia il controllo sugli atti della società.

Se per la Sasi - che sulla questione aveva anche modificato lo statuto dell’ente - il controllo sull’attività svolta viene effettuato dagli stessi Comuni-soci che partecipano al capitale dell’azienda, così come accade nelle società municipalizzate, per l’Ato, invece, quella verifica spetta solo ed esclusivamente all’ente d’ambito, preposto oltre che alla programmazione anche e soprattutto alla verifica degli atti.

L’Ato a più riprese ha invitato la Sasi a non violare le norme previste dalla gestione cosiddetta in house, ossia quella fatta in casa, con servizi tra due società pubbliche. Evidentemente neanche l’ultimo sollecito ha portato a una risposta così come era stata richiesta. Tant’è che per l’Ato la Sasi si è sottratta «sistematicamente e consapevolmente al controllo analogo». Di qui l’avvio delle procedure di «revoca dell’affidamento» della gestione del servizio idrico.

«Noi ce l’abbiamo già il controllo analogo», spiega il presidente della Sasi, Gaetano Pedullà (nella foto), «ed è quello che i Comuni-soci fanno sugli atti della società. Per consentire ciò abbiamo anche modificato lo statuto dell’ente. L’Ato, invece, ritiene che quel controllo sia suo: questo è il punto di discussione. La questione è solo giuridica. L’Ato ha poteri di controllo, ma da noi le verifiche vengono svolte dai sindaci dei Comuni. Siamo andati dal Garante della concorrenza che ha esaminato la posizione nostra e degli altri gestori: ebbene, abbiamo superato la verifica con la sola prescrizione che quando facciamo gli investimenti, dobbiamo informare l’Ato che prende atto delle nostre iniziative».

Ovviamente l’Ato non è di questo avviso. «E’ necessario che il soggetto affidatario, ossia noi», spiega il commissario straordinario dell’Ato, Pierluigi Caputi, «eserciti il controllo analogo sull’ente gestore, cioè la Sasi. E’ un’attività di controllo propedeutica alle decisioni importanti che poi assume la Sasi. Ma così come si sta facendo, si mette in discussione l’affidabilità del servizio svolto. Sono preoccupato. Ho incontrato il presidente Pedullà: verbalmente mi ha dato la disponibilità a risolvere la questione, ma al momento tutto è rimasto lettera morta. La nostra non è un’operazione di polizia: due poteri se non sono in equilibrio non funzionano. Non sono per l’esasperazione dei toni, ma per una garbata polemica. Il mio atteggiamento», conclude Caputi, «è pacato ed è per instaurare una forte collaborazione. Ma il problema, ora, non è nostro».

Nell’ultima nota, inviata il 10 febbraio, Caputi sostiene che «la Sasi gode, grazie all’affidamento diretto, di una posizione di evidente vantaggio sugli altri operatori privati del settore, vantaggio che deve per legge essere contemperato dal rafforzamento del controllo dell’Ato che gli ha affidato il servizio». La guerra è solo all’inizio.