chieti

Auguri Fraticelli, il poeta della teatinità

Compie 93 anni l’artista che con le parole sa disegnare la vita. Il regista Dino Viani gli dedica un racconto emozionante

di Dino Viani

Mastro Nicola, quella notte non dormì e non si dava pace. Rimase vestito vicino al fuoco acceso, pensoso e preoccupato per quello che doveva accadere. Ogni tanto si alzava e andava alla finestra per vedere la neve che scendeva sempre più abbondante. La città vecchia era ormai sparita dentro un sogno. Di buon ora giunse in casa Za Teresina, la suocera, seguita alla spicciolata da alcune donne del vicinato che in silenzio si misero subito all’opera per fare quelle cose che in certi momenti solo le donne sanno fare. Il lavabo per l’acqua calda. Le tovaglie di lino e lino scaldate al fuoco insieme agli asciugamani di cotone e le copertine di lana. Ogni tanto dalla stanza da letto giungevano i lamenti di Melanina, moglie di Mastro Nicola, in preda alle contrazioni sempre più forti e frequenti. Tutto era pronto. Tutti in attesa che arrivasse la mammina (levatrice) che non arrivava più per via della bufera. Le urla della donna si fecero sempre più frequenti e tagliavano l’aria. Za Teresina e le altre donne si misero a pregare. Mastro Nicola camminava su e giù per la stanza come un anima in pena rivolgendo ogni tanto lo sguardo al cielo, implorante. All’improvviso qualcuno bussò forte alla porta. Subito dopo entrò la mammina con il suo pastrano coperto di neve. Le donne le corsero incontro. A Mastro Nicola si fermò il cuore in gola e fece silenzio facendo un passo indietro. La donna si scaldò le mani al fuoco e senza perdere tempo con un cenno della testa chiese di essere accompagnare nella stanza di Melanina. Lui rimase solo davanti al camino, a capo chino, in attesa. La voce decisa e sicura della levatrice giungeva in cucina con tutta la sua forza mentre impartiva gli ordini seguita da quelle delle donne che in un crescendo accompagnavano la partoriente in un viaggio verso un destino tanto atteso. Un urlo improvviso seguito da un vagito fermò il tempo. A nate, a nate! Je nu turelle! Esclamarono felici le donne. Subito dopo Za Teresina uscì dalla stanza con il bambino avvolto in fasce come un Bambinello. Mastro Nicò, ecche fijete! Esclamò la donna orgogliosa. Mastro Nicola avrebbe voluto alzarsi di scatto ma le gambe pietrificate non gli permisero di farlo. La donna gli mise il figlio in braccio e andò via lasciandoli soli. Lui guardò la sua creatura al lungo, in religioso silenzio. Poi con il pollice della mano destra gli segnò il volto con la croce e con un filo di voce lo chiamò: Raffaè! Subito dopo corse da suo padre Raffaele per dargli la lieta notizia. Era il 9 gennaio 1924, a Chieti era nato un Poeta. Da quel giorno sono passati 93 anni. E noi tutti, caro Don Raffaele, siamo intorno a te referenti come statuine di un piccolo presepe per dirti che ti vogliamo bene. Per dirti grazie per tutto quello che hai fatto e per quello che farai ancora. Per la lezione di bellezza e di vita che ci hai donato. Per aver dato voce agli ultimi, a chi non avrebbe mai occupato un solo rigo in un libro di storia. Noi siamo qui, come le presenze immaginarie del tuo Paradise Piccirelle.